sabato 4 gennaio 2020

Gli angeli «meteorologi» di Santa Maria Segreta

Di Giuseppe Tesorio
Milano intorno al Mille. Santi e peccatori intrecciano storie, che si attaccano alle cose, che stanno nascoste dentro i palazzi o le belle chiese. Diventano miracoli oppure leggende. Al tempo Ariberto di Antimiano (o Intimiano, consacrato vescovo di Milano il 29 marzo 1018), invocare il cielo con novene e processioni, era di moda tra il popolo. In attesa di un miracolo, anche piccolo. Come far piovere o far uscire il sole. Ai tempi, il tempo meteorologico era una grazia oppure una disgrazia. Si temeva la siccità o le troppe piogge. Così, il volere del Signore andava un pò guidato. Con due angeli, per esempio. Uno per (invocare) la pioggia, l'altro per (fermare) la siccità. Bell'idea, quella del parroco di Santa Maria Segreta, chiesina eretta nell'836, nell'omonima attuale via dietro il Cordusio (nel 1600, la chiesina viene ampliata per poi essere demolita negli anni Dieci del Novecento, per la costruzione del nuovo Palazzo delle Poste). Dunque, nella chiesa erano conservati due angeli biondi assolutamente identici. Sulla mensola di destra stava quello che intercedeva per il bel tempo, su quella di sinistra, l'angelo «della pioggia». Il sagrestano l' esponeva sull' altare, il popolo pregava, e la previsione desiderata si avverava. Se non funzionava, la colpa era del sagrestano che aveva confuso i due angeli. Si ripeteva l'operazione e si aspettava con speranza. Il Municipio stanziava persino uno scudo, fino alla seconda metà del '700, per il parrucchiere di piazza Cordusio, che aveva il compito di pettinare le chiome dei due angeli.
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Gli angeli «meteorologi» di Santa Maria Segreta






Bruno Pellegrino

Angeli, preghiere e verdure cotte: i riti contro la siccità


Fino a metà dell' Ottocento, quando la siccità minacciava le colture, era in uso tra i milanesi recarsi alla chiesa di Santa Maria Segreta dove si conservava una statua di angelo che veniva esposta dinanzi alla porta del tempio per impetrare la tanto sospirata pioggia. A richiesta del podestà il curato rivestiva l' angelo di vesti variopinte mentre un parrucchiere, fatto venire dal Cordusio, provvedeva a pettinargli la bella parrucca bionda. La statua, fra canti e spari di mortaretti, veniva portata sul sagrato dove restava fintantoché non sopraggiungeva un bell' acquazzone. L' usanza durò fino al 1859 mentre la chiesa - all'angolo tra l' omonima contrada e la via Gaetano Negri - le sopravvisse ancora per mezzo secolo, dopo di che venne abbattuta per far luogo all' erigendo palazzo delle Poste. Il titolo passò a denominare un nuovo tempio eretto nel 1918 in piazza Tommaseo, dove traslocò altresì il famoso angelo propiziatore della pioggia. Lo stesso che tuttora si può ammirare nell' ultima cappella di destra. Ma quando la siccità era ostinata e anche l' angelo di Santa Maria Segreta aveva fatto cilecca, non restava che recarsi a San Giovanni in Conca (in piazza Missori non ne avanza, ahimè, che un brandello dell' abside) e disporre sul sagrato della chiesa delle enormi caldaie in cui venivano messe a cuocere carni e verdure. Dopo aver acceso sotto di esse un bel fuoco, i milanesi attendevano per ore e giorni che a spegnere le fiamme intervenisse quella stessa pioggia che già aveva evitato a San Giovanni d' essere fritto nell' olio bollente. Meno fortunato fu San Calimero che i pagani uccisero gettandone poi il corpo in un pozzo dove più tardi sorgerà la chiesa a lui intitolata. Dallo stesso pozzo, che si conserva nella cripta di San Calimero, a Porta Romana, i milanesi attingevano una gran secchia d' acqua che poi vuotavano al suolo ogni qual volta le campagne languivano nella siccità, al fine d' ottenere la grazia della pioggia. Ce lo assicura lo storico secentista Serviliano Latuada nella sua «Descrizione di Milano».


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