giovedì 13 aprile 2017

Uccelli e previsioni del tempo

Gli uccelli ed il tempo che farà
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L’originale sistema degli antichi per fare le previsioni del tempo
Il continuo canto dei passeri ed il gracidio della cornacchia preannunciano pioggia. Non sottovalutate il lamento dello scricciolo che avverte di una tempesta imminente. Virgilio e Guarinoni mettono in versi tutta la meteorologia
Pioggia non venne mai senza messaggio
Da lei che nelle valli ime si cria
Fuggirono le gru…
L’ardita rondinella non fu stanca
di sui laghi aliar. . . (Virgilio)
Primi a far le previsioni del tempo furono gli animali ed in particolare gli uccelli. Gli antichi ne erano convinti e fino alla seconda metà del secolo scorso molti, fra i contadini, guardavano a polli e anatidi, ma anche a passeri, fringuelli, cornacchie e altri volatili della campagna, per sapere come sarebbe stato il domani.
Cercavano di conoscere il tempo prossimo venturo e lì “leggevano” come fossero vive carte del tempo.
Era una “verità” diffusa e condivisa, un’originalissima scienza che veniva verificata giorno per giorno e trovava il conforto dei “classici”, fra questi Virgilio, e tramandata.
C’erano, e ci sono, alcuni principi basilari: quando sta per piovere venire una tempesta gli animali vanno a cibarsi quanto più in fretta possibile e rimanendo vicino ai loro ricoveri.
Le starne e i fagiani cercano cibo ai margini dei campi coltivati o degli incolti vicino ai boschi, la volpe e gli altri carnivori escono dalle tane, e gli “uccelli da rapina”, falchi e altri volatili, volano nel cielo pronti a cercar qualche preda.
Queste eran le conoscenze comuni fino al principio del Novecento.
Poi, già nella seconda metà del secolo scorso, conoscenze che sono il riassunto di centinaia d’anni di esperienze e di osservazioni sono andate in gran parte perdute. Molte di queste nozioni si trovano nei libri di naturalisti e tecnici della caccia, ma anche di appassionati tenditori di reti.
L’abate Girolamo Guarinoni scrive a proposito della previsione del bel tempo osservando gli uccelli:
Se al primo comparir dell’alba in Cielo
D ‘insolita allegrezza odi cantando
Dare segno gli Augelli, e in mille metri
Le note variar col rostro arguto
E dagli albor calar sul ramo erboso
Si vede e tosto risalire ai rami
Attender a loro nidi e visitare
Con spessi viaggi i pargoletti ignudi.
E di piacer insolito ripieni
Festosi, e gai per le frondose cime
Mostrarsi a salutare i primi raggi
Se senti per l’aria liquida poggiando
Cantar l’Allodoletta sopra i campi,
o i Corvi raddoppiare oltre l’usato
In suon più lieto le lor fioche voci
Il cattivo tempo viene annunciato da quasi tutti gli animali, e in particolare: il pettirosso sta alla base della siepe; il picchio smette di cantare; le rondini volano rasente al suolo; i passeri cantano in continuazione; le gazze stridono a intermittenza; le faraone lanciano versi lamentosi; l’airone è insolitamente irrequieto; la civetta canta di continuo dal tramonto; la cornacchia gracida con insistenza; il cuculo canta vicino alle case; il pavone continua a stridere; la cinciallegra lancia versi lamentosi; i colombi sui tetti volgono il gozzo a levante; i polli si rotolano continuamente nella polvere; il fringuello canta di frequente.
Secondo Guarinoni, inoltre, la pioggia sta per giungere quando:
Starsi la Cornacchia in secca arena
sola aggirando, o nell’onda lo Smergo
O l’Anitra con gli altri acquosi stuoli
Spesso il capo tuffare e gran desio
Del cristallino umor mostrare in vista
“Per tutto l’anno il cucco reca
Di copiosa messe al villan lieto,
e di bella stagione felice speme,
se nel fiorito april presso le Ville
tra i rami ascosi in suon continuo canta”.
Ose i corvi vedrai lasciando l’esca
Fuggire con rumore a larghe schiere
O se poco lontan dall’alta torre
Ove suol albegar il Passer vile
Le penne dispiegare e a corti voli
Partirsi, e tornar al tetto usato.
Il reattino o re di macchia,il pin piccolo volatile italiano, che abita le cataste di legna o le siepi intricate, annuncia tempesta quando:
Il re piccino delle siepi amico
Allor che innanzi ai villerecci tetti
Saltellando pei fessi dei cortili
Manda dal sottil rostro acuti strilli.
Il freddo e la neve vengono preannunciati da un “passo” anticipato di lucherini, cince, zigoli. Quando lo scricciolo canta in continuazione per più giorni annuncia che giungerà un freddo intenso.
Così lo ricorda Giovanni Pascoli:
Viene il freddo. Giri per dirlo
Tu, scricciolo, intorno le siepi
E sentire fai nel tuo zirlo
Lo strido di gelo che crepi.
II tuo trillo sembra la bruina
Che sgrigiola, il vetro che incrina
In “Cacciator Bolognese”, opera del 1716 scritta da Bartolomeo Alberti, si afferma fra l’altro:
Notasi ancora qualmente prendendo fringuelli se questi saranno ben grassi fra due o tre giorni in circa
Sara neve: se come quando li fringuelli abbandonando il monte s’incamminano verso il piano, se la neve
è già in terra, suole in breve cioè fra tre o quattro giorni svanire.
Ma se vengono dalle parte del Veronese varcando verso le maremme ne’ giova il fischio
di richiamo per fermarli, il freddo e la neve saranno di ben lunga durata.
Se il cuculo in primavera canta per la prima volta il freddo continua. Di solito viene chiamata “neve del cuculo” quella che nelle zone di montagna giunge dopo la prima apparizione del volatile. Le cornacchie che volano basse in autunno annunciano giorni di freddo.
Se i galli cantano anche a notte fonda il mattino sarà nebbioso. Qualora la folaga abbandoni le acque per raggiungere la terraferma significa che sta per giungere forte vento.
Se nella palude le anatre sono agitate, non si lasciano avvicinare, continuano a muoversi significa che il tempo sta per mutare.
Diventerà tempesta se lo scricciolo vola da un buco all’altro nelle cataste di legna a lungo i muri, il fringuello canta in continuazione, i passeri nella mattina continuano a cantare con una maggior intensità del solito. L’airone, come afferma Brunetto Latini, vola alto, le gru che hanno cominciato la migrazione la interrompono, i beccaccini raggiungono la palude e sono restii al volo, ma sostano in prossimità dei fossi, delle siepi o di altre zone a folta vegetazione quasi cercassero un riparo, gli uccelli di mare si avvicinano alla terraferma.
Virgilio nelle Georgiche lo ricorda:
Raro continue che a carena il mare
Perdoni allor che schiamazzando ai lidi
Lo smergo si ricovra in secca piaggia
La folaga marina si balocca
O l’aghiron dalle paludi amate
Sollevandosi a vol passa le nubi.
Di Rodolfo Grassi
Tratto da “Il CACCIATORE ITALIANO”
Bimestrale N.4 Agosto/Settembre Anno 2009


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