Non un mare, ma un susseguirsi di mari. Non una civiltà,
ma una serie di civiltà accatastate le une sulle altre.
Significa incontrare realtà antichissime, ancora vive,
a fianco dell'ultramoderno. Accanto alla barca del
pescatore, che è ancora quella di Ulisse, il peschereccio
devastatore dei fondi marini o le enormi petroliere.
Significa immergersi nell'arcaismo dei mondi insulari
e nello stesso tempo stupirsi di fronte all'estrema
giovinezza di città molto antiche, aperte a tutti i
venti della cultura e del profitto e che da secoli
sorvegliano e consumano il mare. Certamente
ancora oggi il Mediterraneo è custode della vita di
molti popoli, rievocandone le radici e le origini
comuni. Ma il Mediterraneo, crocevia di civiltà, non
è destinato a rappresentare un mito del passato.
Che cosa resterà nella nostra cultura mediatica e
tecnologica delle sedimentazioni millenarie e delle
culture stratificate che hanno alimentato i popoli del
mare? Che cosa oggi ha preso il posto dei viaggi e
delle esplorazioni, degli scambi e delle migrazioni
dei popoli mediterranei? Come il Mediterraneo è
vissuto da questi stessi popoli, oggi?
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