giovedì 26 settembre 2024

Phersu, dio crudele Etrusco con un cappello conico, detto anche frigio, similare a quello di Mitra, e simbolo della Rivoluzione Francese



Affresco staccato, conservato presso il Museo di Tarquinia.
Tomba delle Olimpiadi
Vl sec a. C


Phersu, figura complessa in cui convivono tratti contradditori e non riducibile semplicemente al crudele rituale, che lo vede principalmente protagonista, e nemmeno ad una macabra esibizione di ferocia. Sembra muoversi sul crinale che sempre separa festa (appare all’origine di tutta una serie di figure comiche che da allora hanno caratterizzato la civiltà italiana, incarnando quello italum acetum spesso ferocemente satirico ricordato dalle fonti romane) e tragedia, riso e orrore incarnando e così esorcizzando le ancestrali paure umane verso l’ignoto della morte. Spesso considerato un antenato della gladiatura il gioco del Phersu appare piuttosto simile a forme di damnatio ad bestias attestate anche a Roma in pratiche di remotissima origine e verosimilmente rimontanti ad influenza etrusca (come il supplizio dei parricidi in cui ricompaiono il sacco, il cane e il bastone). La collocazione funeraria delle immagini di Phersu ricollega poi il rito a pratiche di sacrifici umani, attestati in Etruria, e a quel valore vivificante del sangue versato allo spirito dei defunti che ancora accompagna la gladiatura romana in età repubblicana. Rituali che forse risalgono all’origine stessa della civiltà etrusca e di cui un’eco può forse già vedersi nella celeberrima urna dell’Olmo Bello di Bisenzio dove un prigioniero legato sembra venir condotto verso un orso tenuto alla catena. Dopo il 500 a.C. il macabro gioco tende a scomparire probabilmente in conseguenza di una profonda trasformazione dei rituali funerari con la sostituzione dei riti più cruenti ad altri di matrice ellenica, di sport di tradizione olimpica, ma questo non segna la scomparsa della figura di Phersu. Il suo ruolo infatti non pare riducibile ai rituali sacrificali ma svolge una funzione centrale nelle attività festive. Si trova raffigurato in una scena di danza con un flautista ed una danzatrice; in un bronzetto degli inizi del V a.C compare in funzione di acrobata e addirittura compaiono tre figure che pur con alcune differenze rispetto agli esemplari tarquiniensi possono essere letti come tre Phersu, ad indicare una possibile moltiplicazione della figura e la sua molteplice compresenza scenica. I dipinti della Tomba delle Olimpiadi, una unica camera rettangolare con soffitto a spiovente e columene risalente alla fine VI secolo a.C. e scoperta nel 1958, sono piuttosto danneggiati e rappresentano quasi sicuramente lo svolgimento di giochi in onore del defunto. Ma i giochi sono svolti nella presenza di Phersu che è impegnato nella sua macabra esibizione di ferocia : damnatio ad bestias, tradotta letteralmente significa "(condanna) alle bestie". Questo è un particolare tipo di condanna a morte riservata ai criminali peggiori di basso rango e non ai più pericolosi o agli schiavi macchiatisi di qualche reato contro i propri padroni, i quali venivano appunto condannati a essere divorati vivi dalle belve nelle arene. La prima condanna di questo tipo fu eseguita nel 167 a.C.: dopo la vittoria su Perseo, Emilio Paolo ordinò che i disertori dell'esercito nemico fossero schiacciati dagli elefanti ma anche nel 146 a.C. Scipione Emiliano inserì una damnatio ad bestias all'interno dei giochi organizzati per il suo trionfo: anche in questo caso i condannati erano disertori nemici, ma l'esecuzione era organizzata come uno spettacolo pubblico. Però sembra che questo tipo di condanna già esisteva da molto tempo in Etruria.


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