giovedì 18 aprile 2019

Milano, San Calimero


Non molto lontano da Porta Romana, sull’omonima via che collega il Corso a Piazza Cardinal Ferrari, sorge la basilica di San Calimero, antica chiesa densa d’arte e di storia. L’edificio è, molto probabilmente, originario del V secolo e sarebbe stato edificato sui resti di un tempio romano, dedicato ad Apollo, nell’area immediatamente esterna alle mura dell’antica Mediolanum.La chiesa sarebbe sorta su un sacello, edificato esattamente nel luogo in cui, secondo la tradizione, Calimero, quarto vescovo di Milano, sarebbe stato sepolto dopo il martirio avvenuto in un pozzo lì vicino. Secondo alcuni, la chiesa sarebbe già esistita ai tempi di Ambrogio, come la vicina S. Nazaro Maggiore, ma dati certi la confermano già oggetto di lavori di restauro nel 490 – 512, sotto il vescovo Lorenzo I. Il luogo in cui la chiesa sorse, dopo la distruzione del tempio di Apollo, venne destinato ad area cimiteriale, vista la posizione di pochissimo esterna alle antiche mura romane della città, come attestano, ancora oggi, alcune lapidi pagane e cristiane murate sul fianco meridionale della chiesa, provenienti dalla contigua vecchia necropoli: San Calimero, pertanto, come vari altri edifici romanici della città , sarebbe una basilica cimiteriale, e così rimase fino al XIII secolo. Nel frattempo la chiesa subì un rifacimento romanico nel XII secolo, che le diede quella che è ancora oggi la sua struttura: di questa fase costruttiva restano oggi, oltre alla struttura interna, solo il fianco su cui sono murate le lapidi e l’abside semicircolare, ad archetti ciechi, aperta, come nella migliore tradizione del romanico lombardo, da tre finestre a tutto sesto. La prima grande trasformazione avvenne nel 1609, quando Francesco Maria Richini manomise le antiche strutture romaniche sovrapponendo loro un corpo architettonico barocco, sia all’interno, che all’esterno. Anche il Settecento lasciò la sua traccia, con la trasformazione del vicino oratorio di S. Michele dei Disciplini in Sagrestia, mentre nel primo Ottocento fu la volta dell’altar maggiore, che fu rifatto secondo il tipico schema a baldacchino, tipico di molte chiese milanesi. La trasformazione più devastante, però, fu quella perpetrata a fine XIX secolo, nel 1882, per l’esattezza, per mano di Angelo Colla, che, in un discutibile impeto di purismo neoromanico, eliminò ogni traccia dell’edificio seicentesco, ripristinando, secondo i suoi canoni, le antiche forme della basilica: il risultato è quello che possiamo vedere oggi.

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