domenica 7 aprile 2019

Il labile confine tra fede e magia



 
La Chiesa cattolica condanna la superstizione come peccato. Sarà. In teoria è così, nei fatti, è sotto gli occhi di tutti, a Napoli di più, di come il confine tra fede e magia sia così labile, così equivoco. La paura non genera fede, solo mostri. Possono avere il corpo di una chiesa, la sostanza di riti e liturgie, restano mostri che inventano fughe dalla vita, che la seviziano, le rubano il presente, la sua verità, la gioia di fidarsi del tempo concesso, per dare al tempo significato e senso con la forza dei propri pensieri, della propria personale ricerca, dei propri successi e dei propri fallimenti.

Le religioni che fanno leva sulla paura per irreggimentare fragili menti, altro non sono che idolatrie al servizio della menzogna, di chi celebra il proprio personale potere sull’ignoranza di malcapitati adepti. A volte sembra che gli addetti ai lavori, dai quali non ti aspetteresti per dignità di chiamata e di ministero i mezzucci usati per catturare clienti, scelgano scientificamente di tradire la sacralità della fede a vantaggio di pratiche e prediche che niente hanno a che vedere con la verità rivoluzionaria del Vangelo. Unguenti, olii santi, reliquie e reperti pseudo prodigiosi che allentano l’intelligenza del praticante e offendono il lavoro coraggioso di chi quotidianamente annuncia il Maestro di Galilea.

Se davvero bastasse sedersi su una seggiola per restare gravida, un unguento benedetto per alleggerire pene, o incenso per cacciare demoni, sarebbe vana la fede in Cristo e inutile credere che la vita abbia speranza nella vita stessa che si apre con coraggio al futuro. La paura è la migliore arma nelle mani dei tiranni, la migliore usata dai signori dei templi che per incapacità di verità, per inadeguatezza di stato se ne servono per il loro vile guadagno, passandola come luce, senza essere censurati da chi avrebbe responsabilità, senza trovare resistenza nel tempo dell’ignoranza.

Mi è capitata tra le mani la foto che circolava in rete di un manifesto affisso alla porta di una chiesa. Presumo che non fosse l’unica ad averlo esposto. Mostrava una bara portata a braccia e un monito scritto in evidenza: “Vieni a Messa…Non aspettare che ti portino gli altri”. Ma si può essere tanto ottusi, tanto stupidi da non comprendere che solo ottusi e stupidi possono accogliere tale invito? Se è la paura della morte a portare la gente in chiesa, il tanfo della decomposizione accompagnerà ogni pratica, ogni preghiera.

Ma non c’è da stupirsi se è più facile lanciare anatemi, augurare fiamme infernali, fare esorcismi di massa, ricordare i peccati e la condanna, piuttosto che il perdono e l’amore che vincono ogni tristezza. La paura sembra moneta che rende. Niente di più falso, niente di più provvisorio perché la paura paralizza, il senso di colpa pietrifica. L’amore rende coraggioso il credente, sicuro che il Dio d’amore guida i suoi passi.

Il senso di colpa, la paura ricordano continuamente ciò che è peccato, l’amore invece mostra nella libertà quello che può essere contro o a favore, ma più che dire cosa non si debba fare, sprona a quello che bisogna essere. Meglio chiuderle le chiese se tenerle aperte a tutti i costi significa tradire la verità, meglio avere il coraggio di lanciare una sfida contro ogni superstizione che offende il sentimento credente di chi spende la propria vita per trovare coraggio ogni giorno nella gioia della fede, meglio spegnere i focolai di nuovi insediamenti di vecchi padroni che ottenebrano la mente dei semplici con false pratiche e riti magici che rischiare, per mancanza di clienti, di assecondare come male minore la superstizione libera di essere esportata come modello, i fanatismi come esempi, le nuove sette come chiese rinnovate.

La vera sfida è parlare all’uomo di oggi con franchezza, smascherando l’illusione di una vita senza problemi.
Il coraggio di un annuncio che non si lasci imprigionare nelle pratiche, nelle devozioni, nei merletti dei preti ad uso delle loro sfilate, ma nelle attese autentiche dell’uomo che elevi i suoi desideri e i suoi sogni alla sua stessa, concreta e genuina realtà di vita.

E poi mi domando: quanto durerà ancora la sceneggiata? Quando ci accorgeremo che una chiesa che si riempie di paura non ha destino? Non ci siamo accorti che
Risultati immagini per le anime pezzentelle alle fontanelle

Il culto delle "anime pezzentelle" nel cimitero delle Fontanelle 

La Chiesa cattolica condanna la superstizione come peccato. Sarà. In teoria è così, nei fatti, è sotto gli occhi di tutti, a Napoli di più, di come il confine tra fede e magia sia così labile, così equivoco. La paura non genera fede, solo mostri. Possono avere il corpo di una chiesa, la sostanza di riti e liturgie, restano mostri che inventano fughe dalla vita, che la seviziano, le rubano il presente, la sua verità, la gioia di fidarsi del tempo concesso, per dare al tempo significato e senso con la forza dei propri pensieri, della propria personale ricerca, dei propri successi e dei propri fallimenti.

Le religioni che fanno leva sulla paura per irreggimentare fragili menti, altro non sono che idolatrie al servizio della menzogna, di chi celebra il proprio personale potere sull’ignoranza di malcapitati adepti. A volte sembra che gli addetti ai lavori, dai quali non ti aspetteresti per dignità di chiamata e di ministero i mezzucci usati per catturare clienti, scelgano scientificamente di tradire la sacralità della fede a vantaggio di pratiche e prediche che niente hanno a che vedere con la verità rivoluzionaria del Vangelo. Unguenti, olii santi, reliquie e reperti pseudo prodigiosi che allentano l’intelligenza del praticante e offendono il lavoro coraggioso di chi quotidianamente annuncia il Maestro di Galilea.

Se davvero bastasse sedersi su una seggiola per restare gravida, un unguento benedetto per alleggerire pene, o incenso per cacciare demoni, sarebbe vana la fede in Cristo e inutile credere che la vita abbia speranza nella vita stessa che si apre con coraggio al futuro. La paura è la migliore arma nelle mani dei tiranni, la migliore usata dai signori dei templi che per incapacità di verità, per inadeguatezza di stato se ne servono per il loro vile guadagno, passandola come luce, senza essere censurati da chi avrebbe responsabilità, senza trovare resistenza nel tempo dell’ignoranza.

Mi è capitata tra le mani la foto che circolava in rete di un manifesto affisso alla porta di una chiesa. Presumo che non fosse l’unica ad averlo esposto. Mostrava una bara portata a braccia e un monito scritto in evidenza: “Vieni a Messa…Non aspettare che ti portino gli altri”. Ma si può essere tanto ottusi, tanto stupidi da non comprendere che solo ottusi e stupidi possono accogliere tale invito? Se è la paura della morte a portare la gente in chiesa, il tanfo della decomposizione accompagnerà ogni pratica, ogni preghiera.

Ma non c’è da stupirsi se è più facile lanciare anatemi, augurare fiamme infernali, fare esorcismi di massa, ricordare i peccati e la condanna, piuttosto che il perdono e l’amore che vincono ogni tristezza. La paura sembra moneta che rende. Niente di più falso, niente di più provvisorio perché la paura paralizza, il senso di colpa pietrifica. L’amore rende coraggioso il credente, sicuro che il Dio d’amore guida i suoi passi.

Il senso di colpa, la paura ricordano continuamente ciò che è peccato, l’amore invece mostra nella libertà quello che può essere contro o a favore, ma più che dire cosa non si debba fare, sprona a quello che bisogna essere. Meglio chiuderle le chiese se tenerle aperte a tutti i costi significa tradire la verità, meglio avere il coraggio di lanciare una sfida contro ogni superstizione che offende il sentimento credente di chi spende la propria vita per trovare coraggio ogni giorno nella gioia della fede, meglio spegnere i focolai di nuovi insediamenti di vecchi padroni che ottenebrano la mente dei semplici con false pratiche e riti magici che rischiare, per mancanza di clienti, di assecondare come male minore la superstizione libera di essere esportata come modello, i fanatismi come esempi, le nuove sette come chiese rinnovate.

La vera sfida è parlare all’uomo di oggi con franchezza, smascherando l’illusione di una vita senza problemi.
Il coraggio di un annuncio che non si lasci imprigionare nelle pratiche, nelle devozioni, nei merletti dei preti ad uso delle loro sfilate, ma nelle attese autentiche dell’uomo che elevi i suoi desideri e i suoi sogni alla sua stessa, concreta e genuina realtà di vita.

E poi mi domando: quanto durerà ancora la sceneggiata? Quando ci accorgeremo che una chiesa che si riempie di paura non ha destino? Non ci siamo accorti che questo mondo non è fatto più di uomini sudditi di una chiesa luna park, di persone recettori impassibili dei nostri teoremi, ubbidienti catalizzatori dei nostri ordini, ma uomini cresciuti, informati, disillusi dalla religione, che hanno acquisito nuove conoscenze, che si mettono in dialogo con nuove culture, con nuove fedi, che corrono ad una velocità mai nella storia sperimentata prima.
E la cosa più triste, che ridono di noi e delle nostre insulse comiche.

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