lunedì 7 maggio 2018

Maria muore dove è sorto il più grande tempio ad una divinità femminile: l'Artemision una delle sette meraviglie del mondo antico

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La casa dove morì Maria

Efeso Maria è morta qui, in questa vecchia casa, nascosta tra pioppi e pini sul pendio di una collina. L' altare è al posto del focolare, la stanza principale con la volta a botte è stata trasformata in cappella, la stanza da letto è un piccolo vano rettangolare dove ci si aspetterebbe la sacrestia. Una statua bianca dalle mani troncate ricorda Miriam di Nazareth in fuga dalla Palestina, giunta qui in compagnia di Giovanni, il discepolo prediletto di Gesù. Cristiani e musulmani venerano il luogo con eguale fervore. Una sorgente miracolosa sgorga dal suolo della casetta. Sugli alberi vicini centinaia di nastri annodati sono il ringraziamento per una grazia ricevuta o un miracolo da impetrare. Quest' anno di giubileo, 2000 anni della nascita del suo Figlio divino, anche la festa della sua Assunzione sarà celebrata a Efeso il 15 agosto con particolare trasporto. Le due suore e i tre cappuccini, che custodiscono il minuscolo e umile santuario, si preparano a ricevere tantissimi pellegrini da ogni parte del mondo, anche non cattolici, anche non cristiani. "O Maria, Dio ti annuncia la buona novella di un verbo che emana da lui", proclama la terza sura del Corano. Maometto ha sempre dimostrato grande rispetto per la madre del Nazareno, additandola all' attenzione di tutti i credenti in Allah. "O Maria - prosegue ancora il Corano - sii pia con il tuo Signore, prostrati e inchinati con coloro che si inchinano". Suor Nicole, venuta dalla Francia, racconta di essere molto colpita dalla presenza incessante di musulmane che si riuniscono qui a pregare: "Myriem è sempre con me, le sento dire". Ma arrivano anche parecchi protestanti, che riscoprono il fascino della Madonna. Sarà poi questa la casa di Maria? Impossibile dirlo. Katharina Emmerich, una mistica visionaria tedesca dell' Ottocento, ne era convinta. La casa le apparve in visione e due spedizioni di ricerche trovarono alfine il luogo. Paolo VI lo ha visitato e papa Wojtyla vi pregò nel suo viaggio in Turchia nel 1979, quando uno sconosciuto Alì Agca diffuse un proclama per minacciare di morte il romano pontefice, "comandante delle crociate". Chissà se Maria è morta nella pace di questo boschetto come vuole la tradizione, certamente qui è rinata come Madre di Dio. Il concilio di Efeso dell' anno 431 le ha regalato questo titolo, Colei che genera Dio, che sarebbe suonato bestemmia agli ebrei e che i primi cristiani ignoravano. Benvenuti in Turchia, culla del cristianesimo. E' in queste terre d' Asia Minore, bagnate dall' Egeo orientale, che la setta dei discepoli di Cristo ha attecchito rigogliosamente fin dai suoi inizi, entrando a contatto con l' ambiente cosmopolita dell' impero romano e la cultura antichissima della Jonia già fiorente sette secoli prima di Cristo. Delle sette Chiese, cui si rivolge san Giovanni aprendo l' Apocalisse, la gran parte è collocata nell' odierna Turchia. Non è un caso. Qui il seme cristiano cadde su un terreno fertile, qui ha cominciato a crescere, qui bisogna venire in pellegrinaggio per rintracciarne le prime tappe. A Efeso Paolo l' apostolo venne personalmente a predicare. L' agorà, la grande piazza su cui veniva a passeggiare quando non istruiva i suoi adepti nella scuola di un maestro di retorica dal nome singolare, Turanno, ora è un campo desolato di erbacce in cui qualche bidone spunta là dove una doppia fila di colonne delimitava uno spazio grandioso di centodieci metri per centodieci. Ma la città che l' apostolo percorse - ti fanno vedere l' impronta del suo piede incisa sul lastrico, ma è probabile che fosse piuttosto l' indicazione per un vicino bordello - mostra ancora la sua opulenza nelle splendide rovine. Efeso, a pochi chilometri dalla costa dove sorgono i modernissimi villaggi balneari, è un gioiello. Gli scavi ne rivelano la magnificenza in un tripudio di archi, colonne, marmi, terme e fontane. La facciata imponente della biblioteca di Celso è ancora in piedi e la casa del sacerdote di Dioniso, Caio Flavio Fusio Apto, appena aperta al pubblico, esibisce un fasto hollywoodiano con cinque tipi di marmi, atri e altari, apsidi e cortili, pareti rosso pompeiano o affrescate in un delirio di fiori, maschere, demoni salvatori. Efeso, fondata in terra di Amazzoni, era costruita nel dolce declivio fra due montagne. La sua Gran Via, interamente di marmo, scendeva sino al mare e di notte i ricchi efesini la tenevano costantemente illuminata di torce. Antonio la percorse in corteo d' amore per accogliere Cleopatra arrivata dall' Egitto per ricongiungersi a lui. Per i predicatori della Palestina era come arrivare a Parigi e New York messe insieme. La città era ostile al Nuovo Dio, che aboliva gli altri dei. Nell' imponente teatro, riportato alla luce, un certo Demetrio avversario dell' apostolo Paolo convocò gli efesini e li arringò furibondo. C' era di mezzo la "roba", interessi enormi. A Efeso dominava la Madonna dell' Asia Minore, la grande Artemide, fabbrica inesauribile di suppliche, pellegrinaggi ed ex voto. Demetrio sapeva di che parlava, era argentiere, fabbricava tempietti argentati. Provate a predicare in piazza San Pietro che Cristo non ha bisogno di immaginette, rosari, basiliche in plastica, foto di Wojtyla e pergamene di benedizioni papali, e in via della Conciliazione bruceranno i copertoni. A Efeso stava per succedere lo stesso, si sfiorò la sommossa. Per due ore la folla infuriata che gremiva il teatro si sgolò al grido di "Grande è l' Artemide degli Efesini". In giaccone verde di cuoio, ma con la cravatta, la guida riassume alla buona come un funzionario del comune sedò: "Calma signori, è una manifestazione non autorizzata, rivolgetevi al giudice". Paolo voleva intervenire anche lui, gli dissero che non era aria. Il martirio lo aspettava più a Occidente. Nel museo di Selcuk, nella penombra di una nicchia, sta maestosa l' Artemide Madonna, la Grande Madre anatolica. Il suo alto copricapo è coronato di mura e di sfingi, la veste è affollata di tori, draghi, cavalli, leoni, api e demoni alati, il suo petto incute timore: file e file di globi gonfi di umori. Mammelle, uova, testicoli di toro? Nessuno è riuscito a dirlo con esattezza. Ma si intuisce che da lei si sprigiona la forza misteriosa, inesauribile, terribile e delirante della Madre Natura. Il suo tempio, una delle sette meraviglie del mondo, venne bruciato nel 356 avanti Cristo da un pazzo piromane, Erostrato, che volle passare alla storia e ci riuscì. Ma gli Efesini lo ricostruirono più grandioso di prima, lavorandoci per centoventi anni, un' impresa di generazioni che solo Garcia Marquez potrebbe evocare. Ora giace cancellato in una pianura di orti. La basilica di san Giovanni, circondata da mura e roseti, guarda trionfante dalle sue rovine imponenti la sede dispersa della Grande Nemica. Il Dio arrivato dalla Palestina ha vinto. Nei suoi battisteri si vede ancora la fonte in cui i battezzandi scendevano tre gradini invocando il Padre, il Figlio e lo Spirito dopo aver gridato tre volte, rivolti a Occidente - dove stava il tempio di Artemide - "Ti ripudio Demonio". Ma la dea enigmatica si è presa una rivincita. Con soave prepotenza il germe femminile si è insinuato nella religione maschile e patriarcale venuta da Gerusalemme. A Efeso la madre terrena di Gesù è diventata Madre di Dio, protettrice di tutti, potente taumaturga, e la sua femminilità, più addolcita, si è sparsa per tutto l' orbe cristiano. Artemide è svanita, ma la Vergine di Guadalupa e la Madonna di Pompei, le madonne consolatrici che prendono sotto il loro mantello peccatori, sventurati e cacciatori di grazie sono un po' sue figlie.

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