domenica 29 marzo 2015

UNA PIZIA DEI NOSTRI TEMPI: ELENA PETROVNA BLAVATSKY



 La grande sacerdotessa dell’occultismo occidentale moderno, Elena Petrovna Blavatsky, nacque a Jekaterinoslav nell’Impero Russo da una famiglia aristocratica di origine germanica: gli Hahn von Rotternstern. La sua linea di sangue vantava come capostipite la figura del capo vichingo Rurik, che prima del Mille percorse i grandi fiumi russi e fondò il Regno della Rus’.
 Più volte nel corso dei secoli gli Hahn si erano intrecciati con la nobiltà zarista e ancora nell’Ottocento avevano dimestichezza con il potere che discende dall’alto. La piccola Helena era la nipote del governatore zarista della città di Saratov. Lì ella trascorse la sua infanzia, mostrando curiosità per i tanti volumi della biblioteca del castello del nonno. Col passare degli anni la ragazza rivelò un carattere sempre più irrequieto e indipendente: era ancora un’adolescente quando decise di sua spontanea volontà di sposare il vecchio generale Blavatsky, governatore dell’Armenia. Helena aveva 17 anni, il governatore ne contava 72... Non sappiamo se nell’intimità lo chiamasse “papi”: vero è che al tempo – nello scorcio finale del XIX secolo – non ancora si era sviluppato quell’intreccio tra cronaca rosa e politica che caratterizza i nostri giorni
Sta di fatto che la fresca sposa, nei tre mesi di convivenza, dichiarò di non aver mai avuto rapporti intimi con il marito. Il matrimonio era nato dal desiderio di Helena di evadere dalla gabbia familiare e si concluse presto con una nuova fuga. La Blavatsky montò a cavallo e nella notte eluse i cosacchi che erano di guardia ai confini della residenza. Incominciò così la sua vita ricca di avventura, ma priva di affetti personali. Il cuore della Blavatsky era orientato verso un unico grande desiderio: quello della conoscenza. Una conoscenza che non si declinava in forma filosofica o scientifica, ma che seguiva i percorsi dell’occulto, della ricerca dei poteri interiori dell’anima e dei maestri sconosciuti che fossero in grado di rivelarli.
Tutto si può dire di Helena Petrovna Blavatsky, ma non si può negare che la sua fu una esistenza straordinaria: tale si rivelò sin dal suo esordio. Helena nacque nella notte tra il 30 e il 31 luglio del 1831. Secondo certe leggende russe, chi nasce in quella notte è un predestinato. Segnali gloriosi e accenni di maledizioni si intrecciarono però ai primi vagiti della bambina. Durante il suo battesimo, si sviluppò un incendio e lo stesso pope che amministrava il sacramento finì con l’essere ustionato. Intanto tutto intorno nella città di Jekaterinoslav infuriava una epidemia di colera. La Blavatsky non veniva al mondo in una notte di pace. L’intera Europa peraltro era scossa in quell’anno dalle insurrezioni liberali.
Per tutta la sua vita Helena fu sempre grassoccia, ma con affascinanti occhi grigi. Occhi di gatto, con un immediato impatto ipnotico. Si rivelò presto sonnambula. Nella notte compiva movimenti lunatici e di giorno si intratteneva a parlare con figure a lei solo note, quelle che in seguito sarebbero divenuti i “Maestri sconosciuti” della teosofia. A lei si attribuivano poteri psicocinetici: spostava oggetti, ne provocava una immediata apparizione. Questi fenomeni di cui è difficile dare una interpretazione definitiva attestavano comunque in Helena una forza psichica turbinosa.
Da quando era fuggita dal palazzo del governatore dell’Armenia, Helena aveva compiuto viaggi avventurosi nei territori dell’Impero Ottomano, in Grecia, anche in Tibet. A quell’epoca i viaggi non si prenotavano nelle agenzie e a spingerla su sentieri decisamente impervi era il desiderio di conoscere i misteri dell’umanità. Fu così che incontrò a Londra il maestro Morya, che gli apparve mescolato agli uomini di una delegazione nepalese. Interrogò lama buddhisti, sciamani pellerossa, esperti di riti vodoo. Decisamente il suo orientamento spirituale tendeva al sincretismo; dal recinto del suo eclettismo rimaneva esclusa forse solo la religione cattolica, verso la quale nutriva un astio non indifferente.
Era quella l’epoca in cui il risveglio spiritualistico si manifestava spesso sotto forma di interesse per lo spiritismo. Dai tavolini che ballavano e dalle presunte rivelazioni dei morti gli uomini dell’Ottocento cercavano di estrarre un antidoto al materialismo dominante. Per dimostrare la vita eterna, lo spiritismo scoperchiava idealmente le tombe e andava a scomodare i morti. A questo insistente bussare si univa il tentativo della parapsicologia di fornire una misurazione esatta dei fenomeni un po’ eccentrici che nel corso di quelle evocazioni si producevano. La Blavatsky espresse una posizione molto distante da quella degli spiritisti – come Kardec – ella sosteneva che nell’uomo erano latenti poteri segreti e che non era necessario scomodare i morti per darne una dimostrazione. La Blavatsky ci teneva a dire di non essere una medium e tuttavia intorno a lei si verificavano una serie di fenomeni generalmente classificati come medianici: colpi su mobili e pareti, misteriosi apporti di oggetti. Per dimostrare che tali fenomeni non erano frutto di prestidigitazione la Blavatsky si prestava anche a farsi immobilizzare su un letto.
Come carattere era generosa e irascibile, alternativamente. La sua dottrina spiritualistica predicava il vegetarianismo, eppure lei personalmente mangiava a dismisura. E pure carne. Della sua salute non si curava molto ed e per questo che ben presto cominciò a soffrire di reumatismi e altri acciacchi. Quando cominciò a muoversi tra Londra e New York in un ambiente permeato di compostezza vittoriana, la sua figura doveva produrre un effetto bizzarro e a suo modo intrigante.
Personalmente non si presentò mai come l’autrice delle dottrine esoteriche che esponeva, bensì come una sorta di amanuense dei maestri sconosciuti, che vivendo in corpi umani fisici o agendo da altre dimensioni ispiravano la sua scrittura. Mentre svolgeva questa sua funzione di moderna Pizia, la Blavatsky non smetteva di girare per il mondo e trovava il tempo di combattere a Mentana al fianco di Garibaldi  contro le truppe dello Stato Pontificio.

Alfonso Piscitelli

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