lunedì 6 aprile 2009
Il cristianesimo perduto Florensky
Pavel Florenskij
La colonna e il fondamento della verità
La verità manifestata è amore.
L’amore realizzato è bellezza.
Io non so se la verità esiste o no, ma con tutto il mio essere sento che non posso farne a meno.
Forse non esiste, ma io l’amo più di tutto ciò che esiste, mi unisco a lei come se già esistesse, per lei rinuncio a tutto, perfino ai miei quesiti e ai miei dubbi.
Lo Spirito Santo agisce nella Chiesa, ma la conoscenza di Lui è stata sempre o pegno o premio in momenti particolari e in persone straordinarie che scoprono ciò che deve restare velato, perché sono spudorate. La catena ininterrotta degli spudorati eretici della "nuova coscienza" si snoda lungo tutta la storia ecclesiale e mette a nudo l’arteria occulta della Chiesa.
Finalmente viene edito in Italia il capolavoro della filosofia russa, un testo filosofico ma anche teologico e mistico. Uscì in Russia nel 1914, e chi lo poté leggere ne rimase ammirato. Nel 1925 Boris Jakovenko, in Filosofi russi (Edizioni della Voce), ne parlò come di "una specie di confessione speculativo-religiosa degna di essere messa accanto alle Confessioni di Sant’Agostino."
Pavel Alexandrovic Florenskij nacque nel 1882 nel Caucaso: dopo aver studiato all’Università di Mosca, si laureò in matematica; ma rinunciò alla carriera accademica per iscriversi all’Accademia Teologica, laureandosi nel 1908. Ordinato sacerdote, cominciò a pubblicare vari saggi finché nel 1914 uscì La colonna e il fondamento della verità. Il volume coronava quella rinascita metafisica e religiosa che aveva avuto qualche anno prima come punto di riferimento il libro collettivo Vechi, cui avevano collaborato Berdiaev, Frank, Bulgakov, criticando i "dogmi" più triti della filosofia moderna e proponendo una cultura attenta alle voci represse dai potenti.
Dopo la rivoluzione, i bolscevichi deportarono Florenskij nel Turkestan, poi preferirono mettere a frutto le sue capacità di tecnico, arruolandolo nella Commissione per l’Elettrificazione. Inventò, fra le altre cose, anche un lubrificante non congelabile. Negli anni della NEP tenne un insegnamento nell’Istituto Superiore Tecnico – Artistico. Poi fu deportato nuovamente, pare, nell’estremo Nord, dove morì il 15 dicembre 1943.
Tema centrale del libro è un’esperienza del sacro, un evento che ha svelato l’essere: l’incontro con un amico degno d’amore spirituale infinito. Mentre Florenskij ricorda le giornate trascorse con l’amico ideale, tutta la vita gli si ripresenta davanti e, via via che egli scopre il significato profondo di ogni episodio, si viene configurando il sistema filosofico che spiega e trascende l’esperienza. Ciò che più colpisce è la sintesi di un’evocazione artistica colma di passione e un rigore scientifico per cui di volta in volta la sostanza del pensiero è organizzata secondo il metodo della logica simbolica o analizzata con gli strumenti della dialettica. Una combinazione che può suggerire soltanto quattro nomi: il Platone nel Fedro o del Fedone, il Sant’Agostino delle Confessioni, Pascal e Kierkegaard, i pochi che seppero congiungere nella stessa pagina la speculazione più rigorosa e l’arte più appassionata.
Elèmire Zolla ha premesso al saggio di Florenskij un’ampia introduzione che permette al lettore di avvicinarsi più facilmente a quest’opera fondamentale della cultura russa moderna.
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