lunedì 6 agosto 2018

NELL'ANTICO SANTUARIO DELLA ANTICA DEA CIBELE

Montevergine. Nel santuario di Cibele, diventata oggi la Madonna dei "femminielli"
A Montevergine, nell'avellinese, sorge il luogo di culto particolarmente caro ai devoti omosessuali e transgender Qui si rinnovano in chiave cristiana gli antichi riti dedicati alla dea Cibele, la Grande Madre delle divinità. ...
Millequattrocento metri di ascesa e duemila anni di discesa. È il cammino che compiono i pellegrini per raggiungere la cima impervia del Monte Partenio. La grande mole che sovrasta Avellino. Passo dopo passo ripercorrono le orme di Virgilio che attorno al 40 a. C. sarebbe venuto fin quassù per interrogare Cibele. La Grande Madre degli dèi, evocata con incantesimi ed erbe magiche, rivelò al poeta che, di lì a poco, una vergine avrebbe dato miracolosamente alla luce un dio bambino che avrebbe salvato il mondo. Di questa profezia l'autore dell'Eneide avrebbe lasciato una traccia, tra il metaforico e l'esoterico, nella quarta Ecloga. Considerata da sempre la sliding door tra il mondo pagano e quello cristiano. La Virgo in questione, infatti, sarebbe Maria e il puer Gesù. Oggi, al posto dell'antico tempio, c'è il santuario dedicato alla Madonna di Montevergine. Un'icona nera che i devoti chiamano la Mamma Schiavona a causa delle sue fattezze orientali. Da secoli schiere di devoti arrivano in cima al monte per chiedere grazia e giustizia alla Signora del Partenio. E, nel corso di una lunga scalata notturna, ripetono, senza saperlo, l'antichissimo rito dell'ascensione al tempio della Magna Mater. Una volta i fedeli dormivano all'interno della chiesa, ripetendo la pratica pagana dell'incubatio, che consisteva nel passare la notte all'interno dello spazio sacro perché la divinità potesse manifestarsi nel sonno sussurrando agli adepti i suoi responsi enigmatici.Oggi quest'uso è stato interdetto dalle autorità ecclesiastiche, ma i pellegrini non rinunciano alla veglia e si radunano sul sagrato del santuario per cantare le tradizionali Fronne al ritmo incalzante dei tamburelli e dei sonagli, che accompagnano le danze fino alle prime luci dell'alba. Una scena che sembra evocare echi remoti delle litanie in onore della dea, salmodiate, tra cimbali tintinnanti, flauti orientaleggianti e fumi d'incenso, dai suoi mitici sacerdoti.
Erano i "venerabili Coribanti", come li chiama Euripide nell'Ippolito, o Galli come li soprannominano altri autori. Secondo il mito sono stati loro a inventare il tamburo. Il più sfrenato degli strumenti. Quello che traduce in musica il bioritmo corporeo. E in più hanno inventato anche la musicoterapia. Le loro danze orgiastiche avevano il potere di guarire mali come l'epilessia, che non a caso Ippocrate chiama malattia sacra.E, proprio come nell'antichità, anche ai nostri giorni a Montevergine l'esagerazione è di rito. Travestimenti, canzoni, percussioni, frastuono orgiastico di nacchere e tamburelli accompagnano l'ingresso nel santuario. Poi cala il silenzio e si leva altissimo un canto, che fa risuonare un'eco mediterranea lontana. «Non c'è uomo che non sia femmina e non c'è femmina che non sia uomo», la frase viene ripetuta come un mantra. Mentre, all'esterno, il rito libera tutto il suo fondo precristiano e gli avvitamenti sensuali della tammurriata ricordano in maniera impressionante il volteggio sinuoso della danzatrice pompeiana della Villa dei Misteri che fa ondeggiare il suo velo…..

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