L'OMICIDIO DI VEIO
L’inquietante vicenda risale al 1986: per l’esattezza alla notte tra il 23 e il 24 giugno.
La fatidica notte di S.Giovanni, infatti, non è ancora trascorsa, quando un’automobilista di passaggio lancia l’allarme segnalando la presenza di un uomo, molto spaventato e in stato confusionale, che si aggira nei pressi della necropoli.
La gazzella dei carabinieri, quasi subito intercetta uno dei protagonisti di questa brutta storia: si tratta del professor Giuseppe Costa, molto noto nella zona, che pur essendo in evidente stato di shock, guida i militi attraverso il viottolo sterrato della necropoli, raggiungendo uno dei suoi templi più antichi. Qui giace, privo di vita e in una pozza di sangue, il corpo di un giovane studente di biologia, Luciano Hani, 29 anni, figlio di un immigrato egiziano, che come risulterà dalla perizia necroscopica è stato freddato con un colpo di pistola al cuore.
Col passare delle ore, la versione dei fatti, dapprima incoerente e confusa, data dal professor Costa, si va dettagliando e sotto l’incalzare degli eventi e delle domande degli inquirenti, porta alla luce una storia sconcertante.
Entrambi appassionati di occultismo e discipline magiche, il professore e la giovane vittima, approfittando della valenza esoterica della notte di San Giovanni, si sarebbero recati alla necropoli etrusca con il preciso intento di “captare le misteriose energie che il luogo sprigiona” e, magari, assistere ad una delle inquietanti manifestazioni spiritiche che da tempo si susseguono nella zona: infatti, figure evanescenti che spuntano dal nulla, fantomatici personaggi in tunica e calzari, strani bagliori e addirittura avvistamenti ufo, si segnalano fin dagli anni Cinquanta in questo luogo, che viene da molti considerato come un vero e proprio epicentro di energie occulte e forze demoniache.
Inerpicatisi a fatica lungo il sentiero fino al tempio pagano, Costa e Hani, intravedono alcune figure muoversi furtivamente nell’oscurità; visibilmente spaventati i due visitatori cercano allora di allontanarsi, ma si rendono subito conto di essere circondati. Dall’oscurità arrivano grida e pietre contro di loro. A nulla valgono le esortazioni a farsi riconoscere o a lasciarli allontanare e, ad un certo punto, un colpo d’arma da fuoco riecheggia nell’aere incantato: il giovane studente s’accascia a terra senza vita, il colpo gli ha spaccato il cuore. I misteriosi assalitori, a questo punto, si dileguano in quelle stesse tenebre dalle quali sono spuntati e al professor Costa non resta che guadagnare di corsa la statale per chiedere aiuto.
Naturalmente il racconto del professore solleva subito una ridda d’interrogativi cui gli inquirenti tenteranno invano di dare una risposta sicura: dai rilevamenti della scientifica e dei carabinieri non emergono elementi o indizi che possano confutare o smentire la sua versione dei fatti e testimoni in tal senso proprio non ce ne sono.
Il caso, com’era prevedibile, attrae l’attenzione dei media ed i sospetti nei confronti del professore si fanno via via più incalzanti. Il fatto, in particolare, che lui e la vittima si interessassero d’esoterismo, scatena le illazioni dei giornalisti e mette in luce le molte circostanze misteriose che fanno della necropoli di Veio un luogo, se non sicuramente “maledetto”, di certo non comune. Il posto in cui è stato ucciso Luciano Hani poi, è particolarmente inquietante ed è più volte stato indicato come epicentro di fenomeni inspiegabili ed apparizioni spaventose.
Del misterioso omicidio si occupa anche la trasmissione televisiva “Telefono giallo” di Corrado Augias e molte sono le ipotesi che vengono sostenute per dare una spiegazione razionale alla tragedia: dall’ eliminazione accidentale di un testimone scomodo da parte di malavitosi o balordi, alla reazione eccessiva di tombaroli colti in flagrante, fino alla solita ipotesi della setta satanica sanguinaria, disturbata durante la celebrazione di chissà quali innominabili riti...
L’inchiesta, pur non approdando a nessun risultato sicuro, si colora sempre più di giallo, anzi sarebbe meglio dire “di nero”, dato che nei mesi seguenti muore prematuramente un noto giornalista che s’era interessato a fondo del caso e a breve distanza di tempo un ristoratore del luogo, che sembra fosse a conoscenza di particolari interessanti, s’impicca, senza motivazioni plausibili.
Pian piano cadono tutte le accuse nei confronti del professor Costa e la vicenda, alla fine, viene archiviata, ma la necropoli di Veio, aldilà delle pregevolezze storico-archeologiche, rimane meta di curiosi e studiosi dell’insolito e, a tutt’oggi, non sono soltanto i sensitivi a far notare come il luogo abbia mantenuto intatto tutto il suo afflato demoniaco.
Qualcuno tira in ballo il demone Tuchulcha o altre spaventose divinità infere della tradizione etrusca e si dice convinto che tra quelle rovine aleggi ancora una maledizione secolare, pronta a colpire malintezionati e profanatori.
È difficile dargli torto, soprattutto dopo averle visitate al tramonto, lontano da comitive vocianti e festaiole, magari con quel brivido leggero lungo la schiena e quella sensazione di fuggevole movimento che si coglie appena, con la coda dell’occhio, tra sepolcri ed altari.
(la maledizionedell'etrusco)
L’inquietante vicenda risale al 1986: per l’esattezza alla notte tra il 23 e il 24 giugno.
La fatidica notte di S.Giovanni, infatti, non è ancora trascorsa, quando un’automobilista di passaggio lancia l’allarme segnalando la presenza di un uomo, molto spaventato e in stato confusionale, che si aggira nei pressi della necropoli.
La gazzella dei carabinieri, quasi subito intercetta uno dei protagonisti di questa brutta storia: si tratta del professor Giuseppe Costa, molto noto nella zona, che pur essendo in evidente stato di shock, guida i militi attraverso il viottolo sterrato della necropoli, raggiungendo uno dei suoi templi più antichi. Qui giace, privo di vita e in una pozza di sangue, il corpo di un giovane studente di biologia, Luciano Hani, 29 anni, figlio di un immigrato egiziano, che come risulterà dalla perizia necroscopica è stato freddato con un colpo di pistola al cuore.
Col passare delle ore, la versione dei fatti, dapprima incoerente e confusa, data dal professor Costa, si va dettagliando e sotto l’incalzare degli eventi e delle domande degli inquirenti, porta alla luce una storia sconcertante.
Entrambi appassionati di occultismo e discipline magiche, il professore e la giovane vittima, approfittando della valenza esoterica della notte di San Giovanni, si sarebbero recati alla necropoli etrusca con il preciso intento di “captare le misteriose energie che il luogo sprigiona” e, magari, assistere ad una delle inquietanti manifestazioni spiritiche che da tempo si susseguono nella zona: infatti, figure evanescenti che spuntano dal nulla, fantomatici personaggi in tunica e calzari, strani bagliori e addirittura avvistamenti ufo, si segnalano fin dagli anni Cinquanta in questo luogo, che viene da molti considerato come un vero e proprio epicentro di energie occulte e forze demoniache.
Inerpicatisi a fatica lungo il sentiero fino al tempio pagano, Costa e Hani, intravedono alcune figure muoversi furtivamente nell’oscurità; visibilmente spaventati i due visitatori cercano allora di allontanarsi, ma si rendono subito conto di essere circondati. Dall’oscurità arrivano grida e pietre contro di loro. A nulla valgono le esortazioni a farsi riconoscere o a lasciarli allontanare e, ad un certo punto, un colpo d’arma da fuoco riecheggia nell’aere incantato: il giovane studente s’accascia a terra senza vita, il colpo gli ha spaccato il cuore. I misteriosi assalitori, a questo punto, si dileguano in quelle stesse tenebre dalle quali sono spuntati e al professor Costa non resta che guadagnare di corsa la statale per chiedere aiuto.
Naturalmente il racconto del professore solleva subito una ridda d’interrogativi cui gli inquirenti tenteranno invano di dare una risposta sicura: dai rilevamenti della scientifica e dei carabinieri non emergono elementi o indizi che possano confutare o smentire la sua versione dei fatti e testimoni in tal senso proprio non ce ne sono.
Il caso, com’era prevedibile, attrae l’attenzione dei media ed i sospetti nei confronti del professore si fanno via via più incalzanti. Il fatto, in particolare, che lui e la vittima si interessassero d’esoterismo, scatena le illazioni dei giornalisti e mette in luce le molte circostanze misteriose che fanno della necropoli di Veio un luogo, se non sicuramente “maledetto”, di certo non comune. Il posto in cui è stato ucciso Luciano Hani poi, è particolarmente inquietante ed è più volte stato indicato come epicentro di fenomeni inspiegabili ed apparizioni spaventose.
Del misterioso omicidio si occupa anche la trasmissione televisiva “Telefono giallo” di Corrado Augias e molte sono le ipotesi che vengono sostenute per dare una spiegazione razionale alla tragedia: dall’ eliminazione accidentale di un testimone scomodo da parte di malavitosi o balordi, alla reazione eccessiva di tombaroli colti in flagrante, fino alla solita ipotesi della setta satanica sanguinaria, disturbata durante la celebrazione di chissà quali innominabili riti...
L’inchiesta, pur non approdando a nessun risultato sicuro, si colora sempre più di giallo, anzi sarebbe meglio dire “di nero”, dato che nei mesi seguenti muore prematuramente un noto giornalista che s’era interessato a fondo del caso e a breve distanza di tempo un ristoratore del luogo, che sembra fosse a conoscenza di particolari interessanti, s’impicca, senza motivazioni plausibili.
Pian piano cadono tutte le accuse nei confronti del professor Costa e la vicenda, alla fine, viene archiviata, ma la necropoli di Veio, aldilà delle pregevolezze storico-archeologiche, rimane meta di curiosi e studiosi dell’insolito e, a tutt’oggi, non sono soltanto i sensitivi a far notare come il luogo abbia mantenuto intatto tutto il suo afflato demoniaco.
Qualcuno tira in ballo il demone Tuchulcha o altre spaventose divinità infere della tradizione etrusca e si dice convinto che tra quelle rovine aleggi ancora una maledizione secolare, pronta a colpire malintezionati e profanatori.
È difficile dargli torto, soprattutto dopo averle visitate al tramonto, lontano da comitive vocianti e festaiole, magari con quel brivido leggero lungo la schiena e quella sensazione di fuggevole movimento che si coglie appena, con la coda dell’occhio, tra sepolcri ed altari.
(la maledizionedell'etrusco)
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