Nel tentativo di ripristinare un rito pubblico arcaico della religione romana, a favore della vittoria dell'Italia della I° Guerra Mondiale, Giacomo Boni ricostruì nel 1917 un'ara graminea basandosi su un passo di Orazio. Quest'ara particolare fu costruita con sei strati di "mattoni" di terra erbosa e addobbata con quattro festoni di alloro, nastri rossi, corone e sagmine ("fronde sacre") di olivo. Nelle intenzioni di Boni l'ara sarebbe dovuta diventare un altare pubblico sul quale ogni italiano avrebbe dovuto sacrificare quanto di più caro per favorire le sorti dell'Italia in guerra. L'ara però andò distrutta da un forte vento la notte del 23 ottobre 1917, nelle stesse ore in cui l'esercito austro-ungarico sfondava le linee italiane a Caporetto
"Nel 1917, riandando al caespes dell'ode XV del II libro di Orazio, costruì sempre sul Palatino un'ara graminea, allestita con sei strati di zolle erbose, quattro festoni di lauro, le sagmine di olivo e le corone e i nastri rosso sangue di toro."
''Esoterismo e fascismo: storia, interpretazioni, documenti'', Gianfranco De Turris (a cura di), Edizioni Mediterranee, 2006, pag. 187-88
Ibidem, pag. 193.
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