giovedì 12 ottobre 2017

Quello che non vogliono dire sull’eremo di San Rocchetto


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Prendendo spunto dal documentario presentato in questi giorni sull’eremo di San Rocchetto

Devo sottolineare alcuni fatti storici che, come al solito, si sono sempre omessi su questo luogo sacro da prima dell’avvento del cristianesimo.
Il complesso della chiesetta, afferma Umberto Grancelli, è stata costruita, molto probabilmente, sopra al un Betilo gemello a quello che ancora resiste sulla dorsale di Montorio dietro al castello di Montorio, chiamato Piloton o Prea Fittà.
I due luoghi sono punti precisi che vanno a costituire e segnano gli allineamenti ortogonali del cardo e del decumano (vedi video https://www.youtube.com/watch?v=7Eiq-FBQiHo), dove tracciando una linea dalla chiesetta di San Rocchetto fino a porta Leona si segna il decumano romano di Verona, come contesta Grancelli (bisogna chiarire che queto allineamento per gli studiosi veronesi costituisce il cardo, invertendo quello che da sempre ci hanno insegnato, qualche dubbio sulla questione lo ha espresso anche il Prof Attilio ; Mastrocinque), e tracciano un’altra linea che unisca il Piloton di Montorio con la tribuna o Capitello (impropriamente chiamata berlina) ubicata grossomodo al centro di Piazza Erbe passando per la pusterla di piazza Farina e toccando in ultima la chiesa di Santa Lucia Extra .
Come ha scritto Umberto Grancelli  san Rocchetto rappresenta il secondo punto per la costituzione del reticolo della Nuova Città Romana, ovvero della rifondazione della città di Verona, anche le altitudine dei due luoghi, San Rocchetto e il Betilo di Montorio si trovano alla stessa altezza e con molta probabilità se si potesse fare anche una semplice indagine, mirata e  non invasiva, parte del manufatto litico potrebbe emergere da sotto la chiesa.
Bisogna sottolineare Inoltre che appena sopra, l’Eremo del Santo lenitore della peste, c’è il monte Cavro dove si notano nella roccia viva tutta una serie di profonde ed elaborate incisioni, un’opera antichissima che ha richiesto un lavoro immane protratto nel tempo e da ricondurre ad un santuario pagano, con gli ancora presenti muretti a secco preromani, piccoli altari ed inoltre nella roccia sono incise un numero enorme di coppelle per sacrifici e libagioni rituali. Di tutto questo, l’ultimo documentario di Quattrina non ha minimamente accennato, perché?

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