mercoledì 16 marzo 2016

Il mistico castello


Castel del Monte, un edificio e il suo mito 

Un saggio ci racconta la storia delle intepretazioni simboliche del castello di caccia costruito in Puglia da Federico II di Svevia

Roberto Carretta 

MILANO - Federico II di Svevia svetta, tra tutte le epoche, per la grandezza e la complessità della sua figura protesa tra due età, il medioevo e l'umanesimo, e fra due mondi, quello germanico e quello arabo. La versatilità della sua cultura spaziava dalla scienza musulmana al diritto romano, dal cimento nelle arti letterarie di stampo provenzale ed italiano ai trattati di falconeria, all’abilità di costruttore. Un simile personaggio era destinato non solo a lasciare una profonda impronta storica ma anche ad alimentare ogni sorta di fantasia e leggenda, giungendo ad essere identificato nientemeno che con l’Anticristo.

Al pari della sua persona, la più celebre delle costruzioni da lui voluta, Castel del Monte, non ha eguale nella storia dell’architettura di ogni tempo e, per maestosità, singolarità e ricchezza, ha nutrito le più svariate - e talvolta fantasiose - interpretazioni. La tradizione lo vuole concepito e progettato dallo stesso imperatore, iniziato intorno al 1240 e compiuto entro la sua morte, avvenuta nel 1250, con l’ausilio di maestri pugliesi, arabi, bizantini, lombardi e francesi.

A questo capolavoro medievale Cosmo Intini dedica un approfondito studio, S. Maria del Graal. Fondamenti simbolico-sacrali di Castel del Monte, presso l’editore Il leone verde di Torino. Il lavoro, volto all’esame dei possibili riferimenti simbolici e filosofici del castello e al loro essere profondamente inscritti nel sincretismo culturale dell’epoca e del suo committente, si risolve in una esauriente ed erudita carrellata che non trascura alcun aspetto - storico ideologico od artistico dei tanti racchiusi nel suo scrigno. A partire dall¹analisi filologica del più antico documento attestante la sua esistenza, la lettera con cui Federico sollecita nel 1240 l¹ultimazione di alcune opere murarie, nella quale il nome S. Maria del Monte, poi per lungo tempo e per successivi equivoci caduto in disuso, ricorre ad indicare il castello stesso.

Il versante dal quale l’autore si avventura per seguire i sentieri che conducono all’interpretazione simbolica della struttura è appunto il più impervio e proprio perciò necessitante la maggior acribia e ampiezza di documentazione possibile. Le molte illustrazioni, oltre a proporre al lettore i soggetti esaminati, comparano, raffrontano, esemplificano le soluzioni suggerite mostrando l’affiancarsi e il sovrapporsi delle analisi
come dei significati sedimentatisi nel tempo.

Alla considerazione delle reminiscenze pagane, confluite con la loro ricchezza ad arricchire la profondità di campo dei rimandi simbolici e topografici, fa da sfondo la consapevolezza della complessità e dell’inesauribilità del simbolo. Simbolo che è, per sua stessa natura, strumento di informazione parallelo al linguaggio, che racchiude in sé, semanticamente, significato e significante. Il tutto calato nella realtà operativa delle maestranze dell’epoca. Le corporazioni edili medievali, infatti, erano a tutti gli effetti dei gruppi iniziatici i cui membri venivano istruiti a racchiudere nel prodotto del proprio lavoro insegnamenti e significati attraverso il linguaggio universale dell’immagine, del numero e della struttura.

Utilizzato attraverso i secoli come ritrovo di caccia, luogo di festeggiamenti, prigione, rifugio di pastori e briganti, il castello ritrova in queste pagine una delle sue funzioni originarie, propria di tutta l’arte medievale, l’essere un libro, un testo che offre a chi sa svolgerne i temi il proprio contenuto, senza ovviamente sfuggire, come ogni testo, al caleidoscopio dell'interpretazione. 

Dell’imperatore Federico II la storia ci ha tramandato alcuni celebri interrogativi posti al suo astrologo, Michele Scoto, e allo scienziato musulmano Ibn Sabin. In tali quesiti scienza, teologia, filosofia e cosmologia si mescolano componendo un mosaico pari alla vastità d’erudizione e alla curiosità intellettuale dell’interrogante. Allo stesso modo di lui restano alcuni enigmatici lasciti che coinvolgono lo studioso nel medesimo gioco di domanda e risposta. Gioco che, come nota lo storico Huizinga, “va seguito sulla base dell’eguaglianza”, ovvero cercando di porsi nella medesima prospettiva culturale ed interiore dell’interlocutore. Sforzo del quale va certamente reso merito all’autore.


Cosmo Intini, S. Maria del Graal. Fondamenti simbolico-sacrali di Castel del Monte, Il leone verde, pp. 190, € 15

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