venerdì 22 agosto 2014

Stalin ospitato dagli anarchici italiani, quelli stessi che ordinò di sterminare in Spagna

Per chi suona la campana, ovvero, il segreto di san Lazzaro degli Armeni

Da Pensierospensierato
Per chi suona la campana, ovvero, il segreto di san Lazzaro degli Armeni
San Lazzaro degli Armeni
Finalmente ho risolto i problemi che mi tediavano da qualche tempo sul fronte internet. Ripristinata la connessione ADSL, posso riappropriarmi del mio amato blog e continuare a parlare di misteri. Oggi voglio addentrarmi ancora una volta nel territorio di Venezia, e precisamente nella Laguna, per parlarvi di un'isola molto speciale: San Lazzaro degli Armeni.
Le prime notizie cominciano a circolare a partire dal IX secolo d.C., quando la Serenissima decise il suo affidamento all'abate del Monastero benedettino di S.Ilario di Fusina.
Quando l'ospedale dei lebbrosi di S. Trovaso venne trasferito a San Lazzaro per iniziativa del nobile Leone Paolini (1182), l'isola assume il nome attuale con chiaro riferimento all'attività svolta. A quest'epoca risale anche la costruzione della prima chiesa intitolata a San Leone Magno. Nel XIV secolo viene costruita l'attuale chiesa di San Lazzaro. La riduzione drastica dei casi di lebbra induce il Senato a decidere una ridestinazione d'uso dell'isola a favore dei poveri (metà del '500).
Presto si decide il trasferimento di ogni attività a Veneziapresso S. Giovanni e Paolo (1601), e l'isola rimane così deserta fino al 1651 quando certi padri Domenicani profughi da Creta si sistemano a San Lazzaro per circa 20 anni. Nel 1678 è la volta dei Gesuiti, che la abitano per poco tempo in quanto il Senato della Repubblica ne decide la trasformazione in fabbrica di armamenti per le proprie esigenze belliche dovute al conflitto di Morea in Grecia.
Alla fine del '600 San Lazzaro risulta abitata da un cappellano che vi officia messa ogni giorno. Nel 1717 il Senato dona l'isola per sempre ai Padri Armeni Mechitaristi perseguitati dai Turchi e l'isola completa così il suo nome in quello attuale.
Seguendo i progetti di Mechitar vengono svolti lavori di restauro e costruzione della chiesa e del convento. San Lazzaro diviene poi sede di una stamperia per testi in lingue orientali (1789) cosa che la salverà dall'editto napoleonico di sopressione degli Ordini religiosi (1807) in quanto considerata sede culturale. Durante l'800 ed il '900 alcuni lavori di bonifica e manutenzione del territorio le conferiscono l'aspetto attuale.
Come moltissime altre isole, anche San Lazzaro nasconde i suoi segreti e i suoi misteri. Si dice infatti che un giovanissimo Rodolfo Valentino – studente all’istituto nautico della città – rubò un rimorchiatore la notte del Redentore, affondò una gondola e salvò una ereditiera inglese, ricevendo in cambio una settimana d’amore all’Hotel Excelsior del Lido
Ma il personaggio che maggiormente lega il suo nome a San Lazzaro degli Armeni è un personaggio storico, perchè come sempre più spesso accade quando si parla di Venezia, in quest'isola magica, storia e mistero si fondono assieme per donare qualcosa di unico e irripetibile.
Per chi suona la campana, ovvero, il segreto di san Lazzaro degli Armeni
Un giovane Stalin
Josif Vissarionovic Djugatchsvili nel 1907 aveva appena 28 anni, la barba rossa e incolta ed era appena fuggito dalla Russia zarista.
Essendo un esponente di primo piano di quella frangia estremista del partito socialdemocratico russo, i cui appartenenti erano conosciuti come bolscevichi, fu costretto a scappare dalle grinfie della polizia politica zarista, di soppiatto, partendo ben nascosto a bordo di una nave da carico che trasportava grano.
La nave partì dal porto di Odessa, diretta ad Ancona. Qui, Josif ottenne dapprima ospitalità dagli anarchici locali, trovando poi un lavoro come portiere notturno all’hotel “Roma e Pace”, in cambio di vitto e alloggio. Ma il suo carattere chiuso e timido, per quanto gentile e sorridente, non riuscì farlo sentire a suo agio con la clientela. Così, nascosto nella sala macchine di un piroscafo di linea, dopo pochi giorni sbarcò a Venezia.
Anche in laguna Josif fu bene accolto dal mondo anarchico veneziano, che lo ribattezzò “compagno Bepi”, e poi “Bepi del Giasso”, questo per ricordarne il luogo di provenienza.
Convintosi a rimanere, il “compagno Bepi” decise di sfruttare le frequentazioni avute nella natia Georgia con la comunità armena. Dal momento che parlava perfettamente la lingua e avendo per di più studiato alla scuola ecclesiastica di Gori e quindi nel seminario cristiano ortodosso di Teflis (da cui era stato espulso a causa delle sue simpatie politiche nel 1899),Josif sapeva servire messa con i riti latino e ortodosso, nonché suonare le campane con i rintocchi richiesti da entrambe le confessioni.
Per queste ragioni si presentò ai padri mechitaristi di San Lazzaro, chiedendo un’occupazione all’abate Ignazio Ghiurekian.
Dopo aver a lungo parlato con Bepi, dopo aver appreso cosa aveva fatto e cosa sapeva fare, padre Ghiurekian ne fu ben impressionato, e decise quindi di ospitarlo chiedendogli di suonare le campane del convento secondo il rito latino.
Per chi suona la campana, ovvero, il segreto di san Lazzaro degli ArmeniMa il compagno Bepi s’intestardì invece a dare forti rintocchi, come era di abitudine secondo il rito ortodosso, e questo ovviamente non mancò di sollevare un certo scompiglio nella piccola isola.
Alla fine, dopo aver sopportato per alcuni giorni, e sperando - senza esito - che Josif cambiasse stile, il padre generale lo mise di fronte a una scelta: se desiderava rimanere, doveva accettare le norme della congregazione che gli stava dando ospitalità, e chiedere l’ammissione alla comunità nel ruolo di novizio.
Josif declinò l'offerta, poichè star ligio a questo tipo di regole non gli andava esattamente a genio.
Ripartì, raggiunse la Svizzera e, poco più tardi, tornò in Russia. Fece in tempo a vivere la rivoluzione. Per divenire, qualche anno dopo… Segretario generale del partito comunista e guida dell’Unione Sovietica, con il soprannome di “Piccolo Padre” e l’universale pseudonimo di “Stalin”. Josif Stalin.
Fonte: Raffaele K. Salinari, Stalin in Italia ovvero “Bepi del giasso”, ed. Ogni uomo è tutti gli uomini, Bologna, 2010.

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