Oggi vi raccontiamo la storia di Guiniforte, il “cane santo”, una figura avvolta nella tenerezza e nel mistero, simbolo di lealtà e sacrificio. Per lungo tempo ha ricevuto venerazione popolare in luoghi che ancora oggi conservano le tracce di una fede semplice e commovente.
La vicenda, ambientata nella Francia medievale, narra di un levriero fedele che vegliava con devozione sul figlio del suo nobile padrone. Un giorno, mentre l’uomo era lontano, Guiniforte si trovò a fronteggiare una minaccia: un serpente era entrato in casa. Con coraggio, il cane affrontò la bestia e la uccise, ma nel combattimento insanguinò la culla del bambino. Al ritorno, il nobile, vedendo le macchie di sangue, credette che il levriero avesse attaccato suo figlio e, accecato dall’ira e dal dolore, lo uccise. Solo dopo scoprì la verità: il bimbo era salvo, protetto dal sacrificio del suo fedele compagno. Il dolore del cavaliere si tramutò in pentimento eterno, e la memoria del cane divenne sacra.
La popolazione locale iniziò a considerare Guiniforte un martire, un santo protettore, simbolo di purezza, amore e sacrificio. Da questa credenza nacquero riti e tradizioni, ben descritti nel De Supersticione dall’inquisitore Étienne de Bourbon. Inviato per indagare, il frate racconta di un arcano rituale: nel luogo di culto, tra le rovine del castello del padrone di Guiniforte, i popolani facevano passare i bambini malati tra due tronchi, poi li adagiavano nudi, circondati da candele, lasciando offerte votive prima di abbandonare temporaneamente l’area. Al loro ritorno, simulavano una sorta di battesimo immergendo il bambino nel fiume Chalarone. Se il piccolo sopravviveva, era considerato guarito.
Stefano di Bourbon interpretava il rito come un modo per discernere la vera natura dei bambini malati, temendo la presenza dei "changelins", creature fatate o demoniache che si credeva sostituissero i neonati sani nelle culle. Inorridito, ordinò la distruzione del bosco sacro, il dissotterramento del “santo levriero” e il rogo di ogni traccia del culto. Tuttavia, il suo tentativo fallì miseramente, poiché la venerazione di Guiniforte è attestata ancora tra il XVII e il XX secolo.
La storia di Guiniforte ci insegna che anche nel sacrificio più silenzioso e nell’amore più incompreso risiede la grandezza della fedeltà. Ma questa vicenda può essere letta anche in un’ottica più ampia: Guiniforte non è solo un santo popolare, ma un simbolo della tragedia di chi viene condannato senza appello, perché la verità emerge troppo tardi. È l’emblema della giustizia tradita e, al tempo stesso, della spiritualità popolare autonoma, che sfida le regole imposte dall’alto. Il “cane santo” non è stato canonizzato, ma è stato scelto dal popolo come un autentico protettore.
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