venerdì 26 ottobre 2012

Trame, neanche tanto segrete Fonte: Gli Altri
Bisogna essere molto bravi per scrivere un libro come Trame (Ed. Cairo, 2012) senza cadere in quel vizio maniacale che va sotto il nome di complottismo (o complottologia). Quel vizio, cioè, che spinge un autore a interpretare fantasiosamente (intuitivamente, direbbe di se stesso il complottologo) fatti di cronaca per ricondurli a superiori disegni orchestrati nei più minimi particolari da menti occulte appostate oltre la barriera del nostro visibile. E Andrea Colombo bravo lo è davvero nel sapere evitare questa trappola mentale (ché di trappola si tratta). E’ l’onesta intellettuale che lo salva molti chilometri prima di cadere nell’abisso dei venditori di ciarpame a uso dei grulli che, non credendo a quello che vedono, chiedono lumi gnostici al veggente dell’oltre. E si salva con una strategia argomentativa molto semplice, anche se di non facile realizzazione: mettere sul campo i fatti documentati, le testimonianze (anche inedite) dei protagonisti, collegando “sin-tatticamente” le parole agli eventi e sollecitando attenzione sulle vicende apparentemente secondarie della cronaca. Per il resto, ovvero: per lo svelamento dell’arcano (meglio: degli arcani) Colombo adotta in maniera impeccabile quel manifesto investigativo proposto da Pier Paolo Pasolini nel celebre “Io so”: «Io so perché sono un intellettuale, uno scrittore, che cerca di seguire tutto ciò che succede, di conoscere tutto ciò che se ne scrive, di immaginare tutto ciò che non si sa o che si tace; che coordina fatti anche lontani, che rimette insieme i pezzi disorganizzati e frammentari di un intero coerente quadro politico, che ristabilisce la logica là dove sembrano regnare l’arbitrarietà, la follia e il mistero». Di quali trame Colombo intende narrare è esplicitato già nel sottotitolo del libro “Segreti di Stato e diplomazia occulta nella nostra storia repubblicana”. La materia, va da sé, è sconfinata e oltremodo labirintica. A volerla raccontare tutta, le quasi trecento pagine del libro servirebbero appena da preambolo. Tuttavia, lo scopo del libro non è raccontare tutto, ma far emergere le dinamiche che sottendono fatti che il racconto ufficiale quasi sempre nasconde. E per farlo usa tre vicende emblematiche: il caso di Edgardo Sogno, già medaglia d’oro della Resistenza, che negli anni Settanta tenterà di organizzare un golpe in chiave anticomunista; l’ultradecennale intrigo mediorientale con gli annessi e connessi ai fatti italiani attraverso il fatidico “lodo Moro”; l’uccisione per mano del “fuoco amico” americano del funzionario Sismi, Nicola Calipari, nel corso dell’operazione di liberazione della giornalista Giuliana Sgrena, dopo un mese di sequestro in Iraq. Ovviamente, all’interno dei tre casi ricadono a pioggia decine di altri episodi che hanno segnato la vita politica, nazionale e internazionale, dell’Italia dal dopoguerra mondiale ad oggi: dai fatti di Sigonella alla strage di Bologna, da Ustica alla strage di Fiumicino (e sul perché, quest’ultima, non sia mai celebrata dall’industria della memoria dei lutti nazionali, attiva peraltro 365 giorni all’anno, Andrea Colombo offre suggerimenti molto calzanti) da Sabra e Chatila al golpe Borghese ed ultra ed ultra… Dice bene Rosario Priore nell’introduzione: «L’Autore delle risposte le dà nell’opera in virtù delle sue conoscenze ed esperienze profonde della realtà italiana dalla fine del Secondo conflitto mondiale. E’ una storia triste, quella di un paese sfortunato perché collocato sulle frontiere – quando non ne è attraversato – create da Yalta, tra potenze, ideologie, interessi contrapposti che immancabilmente generavano attriti e scontri. Primo tra gli altri quel conflitto planetario che, nato con la vittoria degli Alleati sull’Asse e la conseguente partizione di Yalta, ha tenuto il campo sino alla caduta del Muro […] Ma la divisione di Yalta non era così netta. La grande partita si giocava nel Mediterraneo…». Ed è proprio sullo scacchiere mediterraneo che le pagine di Andrea Colombo rintracciano un grande rimosso dalla storiografia della diplomazia ufficiale: quel “Lodo Moro” che spiega volti e risvolti di misfatti accaduti e di molte procedure giudiziarie che a quei misfatti non hanno mai dato esiti di verità. Un “lodo” che, sostanzialmente, era un patto fra lo stato italiano, che otteneva vie privilegiate di accesso al petrolio del mondo arabo filo-palestinese, in cambio di una chiusura d’occhio, e magari tutti e due, sulle azioni che le organizzazioni militari palestinesi avrebbero compiuto direttamente su suolo italico o utilizzando quest’ultimo come base logistica per azioni internazionali. Scrive Andrea Colombo: «Nella sua forma letterale, il lodo muore probabilmente con l’esautoramento, nel dicembre del 1981, dell’uomo che lo aveva ideato e gestito, Stefano Giovannone. Se però lo si intende nella sua forma estensiva, quella cioè di una larga tolleranza nei confronti del terrorismo palestinese in tutte le sue forme, quel patto è negli anni Ottanta più che mai attivo e anima strategie di respiro molto più ampio di quelle del decennio precedente». La tesi o, meglio: l’ipotesi può essere discussa all’infinito, perfino negata o – come si diceva – rimossa. Ma certo è che con questa chiave si trova una logica a cose che altrimenti appaiono del tutto illogiche, o quasi. Un’ultima annotazione squisitamente stilistica. Nonostante la problematica assai complessa dei fatti narrati, Colombo fa di un libro d’inchiesta, quale Trame vuol essere ed è, una lettura che avvince anche per la limpidezza della scrittura e – scusate il gioco di parole – della trama narrativa. Fonte: Gli Altri di Miro Renzaglia - 25/10/2012

Nessun commento: