giovedì 13 maggio 2010

Il tempio di Giunone sopita

Prendendo gli articoli dal bel blog Saturnia Mater iniziero da oggi un viaggio nei santuari della religiosità Italiaca.



Col nome di Giunone Sospita (in latino, Juno Sispita, ciè “propizia”) Saturnia fu particolarmente venerata nell'antica Lanuvium, dove, sull’alto del colle di S. Lorenzo, nel 1914, furono scoperti i resti di un tempio Italico. Un santuario, celebre in tutto il Lazio antico, era stato edificato a Lanuvio, in onore di Giunone Sospita, la Dèa salvatrice, già in età arcaica e fu uno dei più importanti del Lazio. La Dea era raffigurata con la testa coperta da una pelle di capra, ai piedi i calcei repandi (calzature di tipo orientale a punte rialzate), nella sinistra uno scudo a due lobi (il cosiddetto scudo bilobato, di origine micenea) e nella destra una lancia. Giunone era perciò venerata nelle sue due valenze: matronale e guerriera, simile quindi alla Hera di Argo, il cui culto secondo la tradizione sarebbe stato importato da Diomede. Della Dea si venerava anche l'aspetto ctonio, che si manifestava in un singolare culto del serpente, allevato in una grotta nei pressi del tempio. Ad esso una volta all'anno, in occasione delle feste della divinità, dovevano essere presentate le fanciulle di Lanuvio per provare la loro verginità: si trattava di una cerimonia propiziatoria per il mondo agrario.Roma aveva in Giunone Sospita Mater Regina un nume tutelare della sua societas così come della sua res publica: i resti di un tempio eretto in suo onore sono oggi inglobati nella Chiesa di S. Nicola in Carcere, nel Foro Olitorio, e un altro tempio doveva sorgere anche sul Palatino. Il complesso santuariale lanuvino si ergeva sull'acropoli ed era attraversato dalla lunga via principalis (attuale via di S. Lorenzo) che si prolungava fino ai limiti dell'abitato. I resti del tempio, del tipo con alae e di ordine tuscanico, testimoniano varie fasi, che vanno dalla fine del VI secolo a.C. (come documentano alcune antefisse fittili a testa femminile, conservate a Londra nel British Museum) all'età medio-repubblicana (IV-III secolo a.C.) e infine alla metà del I secolo a.C. circa. Le fondamenta, in parte conservatesi, sono costruite con blocchi di tufo. L'ala destra è purtroppo crollata a valle, con il muro di terrazzamento. Dell'ultima fase fanno parte la recinzione dell'area, in opera reticolata, e il sistema di terrazzamenti realizzato per regolarizzare il pendio della collina. La disposizione a terrazze, inoltre, conferiva al santuario quell'aspetto scenografico, caratteristico dell'architettura santuariale del Lazio nella tarda età repubblicana, di cui esempi illustri sono i monumentali complessi, ancora in parte conservati, di Palestrina (santuario della Fortuna Primigenia) e di Tivoli (santuario di Ercole). Sempre a quest'ultima fase appartengono i muri visibili nella Villa Comunale e il portico ad arcate, inquadrate da semicolonne doriche, conservato nella villa Sforza. Questo portico, in parte ricostruito all'inizio del '900, comprendeva in origine due piani; è realizzato in opera reticolata non molto regolare, risalente alla metà del I secolo a.C. In fondo al portico si apre la porta, da cui si accede a un complesso sistema di gallerie e ambienti scavati nella roccia, forse identificabile con la grotta in cui si venerava il serpente sacro. Il santuario decadde ben presto: Plinio, già nel I secolo d.C., lo ricorda in uno stato di desolante abbandono sebbene un restauro, voluto da Adriano, sia testimoniato da una iscrizione. Con l'editto di Teodosio, che decretò la chiusura dei templi pagani, furono distrutti anche il tempio e il santuario di Giunone Sospita. Un tempio le era dedicato presso il Foro Olitorio, costruito verso il 195 a.C. da Gaio Cornelio Cetego. Un'antefissa raffigurante la Dea è stata rinvenuta a Roma ad Antemnae, dove probabilmente esisteva un luogo di culto di Giunone Sospita. Il 1º febbraio era considerato il suo dies natalis.

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