sabato 10 aprile 2010

L'archeologo mistico


Giacomo Boni (1859-1925)


Architetto e archeologo, fu il primo ad applicare i principi dello scavo stratigrafico nelle indagini condotte nella Roma antica.

La formazione
Giacomo Boni nacque a Venezia il 25 aprile del 1859, figlio di un capitano marittimo, Luigi Boni, che, per non prestare giuramento all’Austria, aveva accettato un impiego in un’azienda di legnami a Venezia. In questa città compì i suoi studi tecnici e commerciali e nel 1877-78 conseguì il diploma di stenografia. Avendo buone capacità nel disegno, divenne assistente disegnatore presso un ingegnere e nel 1879 partecipò ai lavori di restauro del palazzo ducale, con A. Forcellini. In quegli anni condusse campagne in difesa dei monumenti veneziani e strinse amicizia con J. Ruskin, critico d’arte ed esponente della corrente del neogotico, autore di The Seven Lamps of Architecture (1849) e The Stone of Venice (1851-1853).
Negli anni tra il 1880 e il 1884 frequentò i corsi di architettura all’Accademia di Belle Arti, approfondendo lo studio della lingua inglese e delle lingue classiche.
Nel 1885 condusse scavi intorno alle fondazioni del campanile di S. Marco a Venezia. Tali scavi, portati avanti con metodo stratigrafico, contribuirono a convertire la sua attività di architetto e disegnatore in quella di archeologo.
Nel 1888 venne chiamato a Roma in un primo momento come segretario della Regia Calcografia, poi come ispettore dei monumenti presso la Direzione generale delle Antichità e Belle Arti, che aveva allora a capo l’archeologo Giuseppe Fiorelli, autore di fondamentali scavi a Pompei. In questa veste svolse un’intensa attività di difesa dei monumenti italiani (in particolare delle basiliche palatine di Puglia).

Gli scavi a Roma
Nel 1898 Boni ottenne la direzione degli scavi nel Foro Romano a Roma.
Qui gli scavi erano stati condotti per anni secondo la pratica dello sterro, senza alcun riguardo per i problemi stratigrafici e senza alcuna attenzione per le strutture di età medievale. Boni applicò per la prima volta il metodo stratigrafico nelle sue indagini presso il comizio antico e presso il sepolcreto arcaico.
Boni si avvalse anche della fotografia aerea. Eseguì una serie di riprese da un pallone frenato sull’area oggetto di indagine, ottenendo risultati estremamente significativi.
Il suo metodo di scavo consisteva nell’esecuzione di sondaggi indirizzati al riconoscimento delle stratificazioni e nella successiva asportazione dei singoli strati “secondo il loro giacimento naturale”. Lo strato di terra non era più sentito come un corpo ostile al monumento che ne era ricoperto, ma era considerato come il primo oggetto di indagine. Esso diventava così meritevole di una cura meticolosa, che si estendeva anche alle tracce degli elementi immateriali della stratificazione (fosse, tagli, erosioni, ecc.). Anche l’esigenza dell’associazione ai singoli strati dei materiali archeologici, “vili detriti” carichi di informazioni, è chiaramente avvertita.
Il suo metodo di intervento venne da lui stesso descritto nel 1901 in un articolo, che fu poi tradotto in inglese e ripubblicato con aggiunte nel 1913. Tale saggio segnò una importante svolta nella storia della metodologia di scavo in Italia, costituendo il punto d’arrivo di un’esperienza la cui carica innovativa negli anni successivi sarebbe andata progressivamente esaurendosi.
Nel 1899 Boni iniziò le esplorazioni al tempio di Cesare, al tempio di Vesta e all’arco di Settimio Severo, che portarono alla scoperta del Lapis Niger. Nel 1900 condusse saggi nell’area dell’antico Comizio, scavò inoltre la Regia, S. Maria Antiqua, il tempio di Vesta e l’annessa Casa delle Vestali. Nel 1902 indagò il sepolcreto arcaico, da lui pubblicato nelle Notizie degli scavi (1902-11). Scavò inoltre nel Foro di Traiano (1906), intorno alle mura serviane e sul Palatino.

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