giovedì 11 febbraio 2010

Giardini e broli 2

Le piante principi sono i meli e le pere con tutti quella miriade di varietà, scegliendo quelle più rustiche e più resistenti alle malattie anche se piccole e magari non belle. Le pesche da scegliere frale migliaia di varietà si consigliano quelle antiche e ancora il cotogno indispensabile per legare le marmellate e fondamentale per poter produrre una classica mostarda di sapore antic. L’olivo principe del mediterraneo che da secoli occupa le nostre colline venete esposte al sole, è una pianta sempreverde che dona anche nell’inverno un segno di vitalità nonostante che l’insieme delle piante siano spogliate dalle foglie. Il nespolo che non mancava mai e che purtroppo oggi non è più consumato ne commercializzato. Il melograno pianta rustica e forte che dona dei frutti ricchissimi di ferro prontamente disponibile per le persone che portano delle gravi carenze. Il giggiuìolo con le sue giugiole che alcuni vivaisti stanno riproducendo anchesso rustico e frugula non abbisogna di grandi cure. L’azzeruolo bello davedere per il suo folto e particolare fogliame e dai bei frutti rossi. Non dobbiamo dimenticare i Kachi il fico, ma potremo anche inserire frutti “nuovi” come il Kiwi succoso e ricchissimo di vitamine inpalcato come la vite che non dovrà mai mancare anche se siamo astemi potremo inserire le numerose varietà da tavola come o piantare gli ibridi produttori diretti che non abbisognano di trattamenti contro la peronospora.
Pensando alla frutta secca dovremo scegliere l’arbusto del nocciolo, come il mandorlo con i suoi bei fiori, non dimenticando la noce anche se ha qualche parassita noioso come il verme, ma la maestosità della pianta adulta ci agevola la scelta. Come ultima non può mancare la bella e gustosa ciliegia che un tempo le giovani ragazze usavano per adornarsi i capelli.
I piccoli frutti come le more e i lamponi non potevano mancare

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DUE ESEMPI DI GIARDINI: L’URBANO E IL RURALE.
Nel Veneto di grandi ville con annesso giardino ne conosciamo parecchie, solo per citarle tutte credo sarebbero necessari numerosi libri, così il nostro interesse si focalizzerà su due giardini specifici. Prenderemo in esame una villa urbana ubicata ai piedi di Castel San Pietro, posta nel centro di Verona: Villa Francescati. L’altro è il vasto giardino di villa Valsanzibio, nel comune di Battaglia Terme in provincia di Padova.

Parte della villa di Valsanzibio

Villa Barbarigo di Valsanzibio, incastonata su piccole colline, ha mantenuto intatto fino ad ora il suo fascino e la sua bellezza.
Valsanzibio, sui colli Euganei, una villa ricca di simboli che propone al visitatore attento e preparato una serie di percorsi legati a tematiche alchemiche che con molta probabilità conducono ai segreti dei Beneandanti. Il percorso del giardino si conclude proprio nelle prossimità della villa dove si erge un enorme fungo di marmo, in origine colorato: l’amanita muscaria.
Un vero e proprio viaggio iniziatico che conduce l’uomo alla conoscenza, con una serie di tappe che segnano il percorso e lo caricano di significati attraverso simboli arcaici in parte di difficile interpretazione.
I momenti significativi di questo viaggio esoterico sono rappresentati dall’Isola dei Conigli, dalla Statua del Tempo, dallo splendido labirinto in bosso (tra i pochi ancora in buone condizioni), dalla Fontana dell’Iride ed altri ancora sino ad arrivare al fungo di marmo. Questo strano giardino è un cammino dello spirito, e Zolla dal suo libro :- Le Verità Nascoste Esposte in Evidenza-, lo sottolinea indagando con la solita impertinente e sagace intelligenza insensibile al potere.
Così scrive Sulla traccia degli enigmi veneti Giovanna dal Bon riferendosi proprio agli studi del grande anglista e storico delle religioni:
--Il gran parco che circonda la villa si rivela un pullulio di enigmi noti a quella porzione
eletta del patriziato veneziano iniziata ai saperi “uranici” di riflesso mediceo e della
dottrina di Marsilio Ficino……
……..La conca in cui si specchia il padiglione forma un bagno di Diana, motivo frequente
nei giardini seicenteschi, per i neoplatonici veneziani simbolo della vita
contemplativa.
Azzarda decifrazioni misteriche, Zolla, scovando continui rimbalzi tra i testi di Ficino
e bassorilievi, statue raffiguranti venti, fontane, nicchie.
Sprofonda nella “lettura” degli ultimi labirinti sopravvissuti nel Veneto,
quello di Villa Barbarigo e il dedalo iniziatico di Villa Pisani a Stra rievocato da
D’Annunzio nel Fuoco:
“sta forse a significare che la sola conoscenza
senza l’estasi è un cammino tormentoso”. Secondo questa interpretazione,
i labirinti sarebbero attestati incontrovertibili del contatto delle élite veneziane con
confraternite misteriche come quelle locali dei “benandanti”, contadini
dediti alla trance sciamanica avvicinabili ai rituali eurasiatici.
Dopo la primavera del 1575 con l’Inquisizione di Aquileia queste e altre dottrine
sincretiste vennero stanate e cancellate in tutto il territorio dai tribunali ecclesiastici….>>
Il percorso finisce proprio su quel fungo che era in origine l’amanita muscaria un veicolo di trascendenza mistica per i salvatori delle biade che lo inghiottivano per volare o meglio per uscire dal corpo.
Attraverso decifrazione di simboli, analisi etimologiche, studi linguistici e indagini filologiche, John Allegro giunse alla conclusione che le origini del Cristianesimo (e anche dello stesso Giudaismo) siano da ricercare nei culti preistorici della fecondità del vicino Oriente antico, strettamente legati alla sessualità e all'utilizzo di sostanze psicotrope. Quale luogo più indicato, di un meraviglioso giardino, per ricordare con una “statua” il fungo dell’estasi.
Al fine di poter chiarire in poche righe l’importanza di questo vegetale che per secoli fu usato anche dai Benenandanti, ma anche da sette eretiche guidate da uomini di grande potere come Antonio Barbarigo, procuratore di San Marco colui che concepì e realizzò il giardino esoterico di Valsanzio. Riporto un piccolo brano di
John Allegro,dal suo saggio "Il fungo sacro e la croce"- Cesco Ciapanna Editore - 1970- pag. 69
<Il notissimo gioco di parole in matteo 16:18: "tu sei Pietro (Petros) e sopra questa pietra (petra) edifichierò la mia chiesa..." può assumere oggi una ben maggiore rilevanza per il culto di un semplice gioco sul titolo di Pietro-Cefa e la parola aramaica cheindica pietra, Kepha. Il vero interesse di tutto il brano sta nel gioco di parole sul nome del fungo sacro che "Pietro" rappresenta. Il conferimento di autorità: "io ti darò le chiavi del regno dei cieli e tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto e tutto ciò che sarà sciolto sulla terra sarà sciolto dei cieli" (Matteo, 16:19) ha le sue basi verbali in un importante nome che i Sumeri davano al fungo: MASh-BA(LA)G-ANTA-TAB-BA-RI, letto come "Tu sei l'arbitro (quello che permette, autorizza) del regno".
Grazie ad un gioco su tre o quattro parole aramaiche estratte dal titolo sumerico. Si tratta probabilmente, come per quasi tutte le direttive e omelie, della storia apparente, di una cosa che non ha nessun significato reale. Meno che mai si può pensare che i membri del culto interpretassero quel brano nel senso che uno di loro avrebbe assunto su di sé l'autorità spirituale indicata dall'interpretazione superficiale del testo. Soltanto Dio ha la facoltà di "legare" e "sciogliere", per gli adoratori del sacro fungo, la deità si trova in questo ed offriva ai suoi servi la "chiave" per una nuova e meravigliosa esperienza mistica. Era questa "rinascita", come veniva chimata, che rimeteva i debiti del passato e offriva la premessa di un futuro libero dal "peccato" culturale che impediva la comunicazione diretta dell'iniziato con Dio."


Giardino di Villa Francescati a Verona un esempio di giardino urbano (come giardino Giusti) esempio di raffinato giardino ricco di piante esotiche, rare e secolari


Il giardino di Villa Francescati
Ai piedi della parte orientale del colle di San Pietro nella vicinanza di orti privati, sorge una villa con un annesso giardino che crea in quel particolare luogo un’oasi per il corpo e la mente. Il giardino oltre ad avere piante secolari e di grande importanza botanica, possiede parecchie grotte scavate dentro il colle con molta probabilità frutto dell’estrazione della pietra galina ( o gialina) che veniva largamente usata nel passato come base per la costruzione degli edifici. Fra queste grotte ne risalta una in particolare per la grandezza e la fattura estremamente raffinata: la grotta dove l’entrata è costituita dalla bocca di un grande mascherone, una faccia di pietra con una espressione terribile, alla maniera delle antefisse etrusche che probabilmente doveva anch’esso assolvere anche ad una funzione apotropaica. La grotta-mascherone è sovrastata da un terrazzo- belvedere riparato da balaustra, dove era in uso posizionare i musici affinché allietassero gli invitati nelle feste che l’importante famiglia solevano dare nel giardino. Questo luogo, ci fa sapere lo studioso Umberto Grancelli nel suo “Piano di fondazione di Verona romana”, era in origine un tempio dedicato al sole ( o ad Apollo). Chi si avvicina alla grotta può effettivamente notare che la sua entrata è stata trasformata, come parte della grotta è stata nel tempo manomessa, oggi destinata a ripostiglio, ma rimane nel complesso il rigore costruttivo: sembra di entrare in un tempio. Un tempio posto nelle viscere di quel colle che ha dato origine alla città di Verona. In fondo alla raffinatà cavità si vede una grande nicchia dove, sempre secondo il Grancelli, in epoca pre-cristiana si trovava una statua dedicata al dio sole. Il giardino è formalmente ripartito su più terrazzamenti con scalinate per il superamento dei pendii. Le vecchie limonaie, due piccole serre con vetrate, sono oggi adibite a lavanderia per l’ostello e a zona ristoro con distributore automatico di bibite e caffè.
Il giardino ed in parte la villa incastonati in un luogo unico ha subito numerosi rifacimenti ma tuttora rimangono inalterati il fascino e la bellezza di entrambi.

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