martedì 8 dicembre 2009

la fine dell'inciviltà del consumismo




La festa e finità?
di Serge Latouche

Perché dovrei preoccuparmi della posterità ? -diceva Marx (non Karl, ma Grouco)- Forse la posterità si è preoccupata di me ? Effettivamente si può pensare che per l'avvenire non valga la pena di tormentarsi per assicurarsi che ci sia e che sia meglio dar fondo il prima possibile al petrolio e alle risorse naturali piuttosto che avvelenarsi l'esistenza con il razionamento. Questo punto di vista è assai diffuso nelle èlites, e si può comprenderlo, ma lo si trova anche implicitamente in un gran numero di nostri contemporanei. Oppure, come scrive Nicholas Georgescu-Roegen: [Nicholas Georgescu-Roegen, >La decroissance> edizioni Sang de la terre, 2006].
Certo bisognerebbe che la vita dei moderni super-consumatori sia veramente eccitante e che, al contrario, la sobrietà sia incompatibile con la felicità e anche con una certa esuberanza gioiosa. E poi anche...Come dice molto bene Richard Heinberg: . E allora? Oggi che abbiamo dilapidato la dote [Richard Henberg, , edizioni Demi Lune, Paris 2008]. Si può anche giustificare l'incuria sul futuro con ogni tipo di ragioni, non necessariamente egoiste.
Se si pensa a come Schopenauer, che la vita è un affare in perdita, è quasi una forma di altruismo, vuol dire risparmiare ai nostri figli il mal di vivere. La via della decrescita si basa su un postulato inverso, condiviso dalla maggior parte delle culture non occidentali: per misteriosa che sia, la vita è un dono meraviglioso. Ed è vero che l'uomo ha la possibilità di trasformarla in un regalo avvelenato, e l'avvento del capitalismo non si è privato di quest'opportunità. In queste condizioni, la decrescita è una sfida una scommessa.
Una sfida alle credenze più radicate, dato che lo slogan costituisce un insopportabile provocazione e una bestemmia per gli adoratori della crescita, Una scommessa perché nulla è meno sicuro della necessaria realizzazione di una società autonoma della sobrietà.Tuttavia la sfida merita di essere lanciata e la scommessa di essere fatta. La via della decrescita è quella della resistenza, ma anche quella della dissidenza, di fronte al rullo compressore dell'occidentalizzazione del mondo e del totalitarismo aggressivo della società del consumo mondializzato. Se gli obbiettori alla crescita si danno alla macchia ed insieme agli indigeni d'America marciano sul sentiero di guerra, essi esplorano la costruzione di una civilizzazione della sobrietà scelta alternativa all'empasse della società della crescita, e oppongono al terrorismo della cosmocrazia e dell'oligarchia politica ed economica dei mezzi pacifici: non violenza, disobbedienza civile, boicottaggio, e naturalmente, le armi della critica.

Serge Latouche.

Nessun commento: