E’ doveroso riportare le parole del grande etruscologo M.Pallottino che così scriveva sui problemi legati alla storia dell’Italia preromana, dai contorni non ben definiti.
Sono le stesse parole che Loredana Capuis sceglie per aprire il suo bellissimo studio: I VENETI-Società e cultura di un popolo dell’Italia preromana-.
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I portatori di campi di urne la grande rivoluzione dopo la guerra di troia. Questi popoli migrano dalle zone della polonia e della germania .La lingua(in origine indoeuropea di origine slava) comincia a fondersi già nel IX sec.
Un modo nuovo di concepire la religione , una marcata spiritualità legata all’individuazione dei luoghi sacri.
Questo popolo era legato a forme di società e di culto matriarcale e Localizzano le loro divinità, in un primo tempo,femminili nelle sorgenti e presso i corsi d’acqua.
E’ una rivoluzione spirituale e culturale quella che portano i Veneti.
La divinità femminile è a fondamento dei Veneti e questa resiste oltre la fusione (federazione) con l’impero romano, ma è inevitabile una contaminazione , anche se i Veneti mantengono le loro radici cultuali e spirituali molto di più che altri popoli.
Civiltà di Hallstatt (800-400)che comprende aree prealpine a nord delle Alpi, Alpi Orientali ,l’Alsazia, la svizzera, settentrionale, la svavia , la baviera e la slovenia.
Dopo il 400 i celti diffusero la civiltà di Téne.
L’ambiente veneto-l’endolaguna, i boschi un eden che queste popolazioni sanno sfuttare con intelligenza traendone cibo in abbondanza attraverso l’agricoltura e l’allevamente del bestiame.
IL CAVALLO
Il cavallo rappresenta per i veneti un animale indispensabile nell’aldiqua e nell’aldilà.
Vedi l’elmo di Oppeano.
Anche i celti raffiguravano uno strano essere :un cavallo fuso con l’uomo , un centauro e nell’elmo di oppeano per di più alato. Il simbolo del cavallo è evocatore del regno sotterraneo .anche presso i celti e il cavallo era ipostasi stessa del dio Lug. E il cavallo e portatore di morte vedi la tradizione dell’apocalisse di Giovanni.
A Este sono presenti varii santuari disposti tutto attorno alla città a(che un tempo era un’isola dato che l’Adige la avvolgeva con un suo ramo secondario. Gli altri santuari depositi:Caldevigo-Colle del Principe, Casale-Fondo Cortelazzo, Morlungo e infine Fondo Barbatella.
Nel Fondo Barbatella si iniziò a scavare nel 1881 e per cinque anni si continuò. Questo ricco santuario sorgeva presso il corso antico del fiume Adige.
Furono rinvenute Lamine Bronzee, “chiodi” votivi, statuette che offrono liquidi (alle divinità), donne raffigurate in lamine bronzee , guerrieri con grandi scudi, cavalieri singoli o in parata, parti del corpo umano, frammenti di armi ,fibule ,bulle e amuleti , pendagli,aghi, crinali, una sorta di scettro, fusaiole, rocchetti, pesi per telaio, manici di palette rituali, monete, oggetti in pasta vitre,conchiglie, vasi atesini e vasi greci,taluni con iscrizioni a Retia, tavole alfabetiche (scrittura e sacro, parlare e comunicare con le divinità) dea della scrittura- dea del fiume.
Assomiglia alla dea spartane orthìa. FORSE IL NOME ORIGINARIO PORA.
Sainatei è un attributo, va rilevato però che nessuna etimologia dei nomi e degli attributi alla dea si è imposta ottenendo il consenso unanime.
Il santuario del V sec. a.C. resiste fino al III sec.d.C.
Simile a Barbatella il santuario trovato a Vicenza, nell’attuale Piazza San Giacomo, presso Cprso Palladio (ex Standa)-Stipe votiva del V-II sec.. Il tempio di Vicenza Rappresenta il potere sono santuari integrati con il potere. Vicenza e il podere Barbatella sorgevano anticamente ambedue su due isolotti circondati da acque o da acquitrini fluviali.
E’ difficile ricostruire un culto attraverso i ritrovamenti della stipe votiva.
Certamente Retia non è preposta al parto, una divinità matriarcale ma non legata esclusivamente al femminile, dato che c’è la totale assenza di Ex voto di bambini e di uteri, ma porta con se la caratteristica marcata di GUARITRICE -SAINATEI come da iscrizione. Abbiamo la prevalenza di ex voto anatomici costanti stipi votive centro –italiche.
Una divinità legata ai riti di passaggio(come Artemide Orthìa a sparta, una dea sanatrice e guerriera la base del matriarcato mediterraneo)?
Era originariamente una dea della caccia protettrice degli animali come la lamina di Villa di Villa con bovini,. La dea aiuta i ragazzi e le fanciulle nei riti di passaggio legati alla fine della pubertà e all’inizio della vita guerriera o di sposa.
I CHIODI VOTIVI
Sui “chiodi” votivi sono riportate in alcuni casi delle iscrizioni sempre di donne , mentre sulle basi delle statuette equestri sono presenti dediche da parte di maschi.Le donne deponevano la reticola per i capelli , nel santuario, come lo STROPHIUM Appiattire il seno adolescente e questi oggetti venivano offerti ai LARI gli spiriti domestici.Anche
Anche la bambola con il volto minaccioso detta Mania veniva lasciata per segnare la fine di un periodo e la preparazione alla vita adulta.
Nelle lamine le donne erano coperte il capo con un scialle era una cerimonia legata alla preparazione al matrimonio.
MINERVA SI SOVRAPPONE A RETIA e poi si accostano al panteon veneto divinità maschili importate,ma anche riadattate, dal mondo greco.
Il 17 marzo la festa della iniziazione dei giovani a portare la lancia gli HASTATI come nel mondo romano?erano competizioni marziali che finivano con danze sacre in armi
La gioventù si divideva in Hastati e non Hastati quelli che non hanno partecipato all’iniziazione.
Chiodi Votivi –spilloni-stili scrittorii Chiodi che non sono chiodi ma oggetti votivi non in uso nella vita quotidiana. Usati nella magia simpatica?
TAVOLE ALFABETICHE V-IV.
La scrittura era praticata e insegnata nei santuari dato che una delle funzioni principali era quella, come la matematica, di poter comunicare con una divinatà, di chiedere o di ringraziare, tuatta la questione era in un primo tempo gestita da un sacerdote che era quasi sempre scrivano e conosceva l’uso della lingua scritta. La scrittura è un atto magico pensiamo alle defesiones.
Di interpretazione assai difficile sono le tavolette alfabetiche, a Barbatella ne sono state rinvenute tredici sono conservate mentre di altre rimangono solo frammenti. Un frammento proviene pure dall stipe di Vicenza per certi versi santuario gemello di quello atestino. Datate V IV sec. a.C.
Non si esclude che le tavolette servissero per predire il futuro selezionando a caso gruppi di lettere e interpretando le parole come presagi. L’esistenza di un simile tipo di divinazione è sta recentemente ipotizzata per l’oracolo della dea Fortuna a Preneste, A Barbatella forse l’oracolo di Retia. Come gli oracoli alfabetici greci. Il fedele sorteggiando la sua lettera individuava anche il responso corrispondente. Del resto nel Veneto antico l’uso è attestato presso ABANO dall’oracolo di Gerione, in cui si usavano anche i dadi per indicare la sorte. Questi esempi di speculazione magica sulla scrittura trovano anche confronti nel mondo etrusco , poiché le sedici caselle con le lettere AKEO sono esattamente tante quante le zone tracciate sul fegato bronzeo di Piacenza o dell’aruspicina.C’è una connessione fra Retia Minerva e
Poiché nel mondo centro-italico la più prestigiosa divinità che presiedeva simili cerimonie era Minerva, fatalmente
DIOSCURI
Castore e Polluce Divini gemelli spartani. Un nome simile a quello dei numi germanici una iscrizione dedicatoria arcaica incisa su di una coppetta di bronzo rinvenuta nei dintorni di Este attesta l’esistenza di una coppia divina(ALCI era il nome dei numi e) ALCOMNO.
Una coppia di dei o di eroi ,come erano presenti in varie culture di moltissimi popoli della terra a rappresentare la fecondità,la forza vitale e l’abbondanza. Le coppie: Romolo Remo. Castore e Polluce, Zeto e Amfione in Grecia, ma anche in popoli non indoeuropei come Caino e Abele , Giacobbe ed Esaù.
I RITI DELLA SEMINA
Un passo di Eliano informa che due autori greci del IV a.C. parlano degli usi e costume delle genti venete. Sono in due scrittori :Teopompo e Licio di Reggio.
-Teopompo dice che i veneti che abitano attorno all’Adriatico, quand’è la stagione dell’aratura e della semina, mandano doni ai corvi; e i doni consisterebbero in alcune focacce e in pani ben preparati in modo grazioso. L’esposizione di questi doni intende addolcire i corvi e stipulare con loro un patto, di modo che essi non dissotterrino e non portino via il frutto di Demetra disseminato per terra.
Anche Licio di Reggio è d’accordo su questo punto , ed aggiunge a ciò che (…lacuna nel testo greco, in cui si parlava di altri doni ai corvi), e cinghie di cuoio color porpora e quindi quelli che avevano esposto queste cose si allontanano. E gli stormi dei corvi rimangono fuori dai cippi di confine; Degli animali ambasciatori richiamano i corvi, E venendo a schiere i Veneti vedono se i doni sono graditi e sanno l’accordo sancito con questi uccelli è valido , ma se viceversa i dono non sono aprrezzati e vengono trascurati , gli indigeni sanno che la carestia gli colpirà per il disdegno dei corvi.Dato che gli uccelli dopo il digiuno verso le offerte, assaltano i campi senza pietà e con ira, scavando e cercando i semi interrati.
I veneti riservavano onori particolari ai corvi come il mondo greco che però riteneva benefica e non potenzialmente nociva come nel caso dei veneti.
Per i veneti i corvi rappresentavano gli spiriti dei morti. la fertilità , presso molti popoli, era connessa con la buona disposizione dei spiriti dei morti. Le anime dei defunti erano rappresentate come uccelli Le Arpie , le Striges italiche (uccelli notturni malegici)Nel mondo Paleoveneto nelle stele funerarie compaiono volatili Padova e stele di Camin.
Il problema delle “feriae sementivae” feste romane e venete che analizzate assieme ci delucidano ulteriormente. Della cerimonia della semina ci informa nei “fasti “ Ovidio il quale così scrive :
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I contadini laziali dovevano offrire focaccie, o pani dolci sui focolari . I Veneti invece dovevano dare ai corvi le focaccie : in ogni caso si trattava di “sprecare” cereali Nel medioevo si seminava più di 3 quintali di semente per ottenere 15 quintali di prodotto oggi 1,60 Q.li per ottenere 50 Q.li.
Le ferie sementine laziali avvenivano in onore di Cerere e di Tellus, divinità che presiedevano alla crescita delle sementi e, insieme regnavano sulle divinità dei morti.
(Il ruolo di queste due dee nei funerali , l’aggettivo cerritus,<
D. Sabbatucci –L’eredità romana:magistratura e sacerdozio, in memorie dell’accademia dei Lincei .
Sull’offerta di focaccie e di impasti fluidi di farina agli eroi , ai morti e alle divinità sotterranee P. Stengel
(vedi la festa delle fae a San Giorgio Ingana Poltron)
Arlequin dio degli inferi a capo della masnada infernale.
Nella descrizione del rito paleoveneto per la semina , Teopompo usa il termine greco “meiligmata”, cioè <
E’ assolutamente impossibile stabilire se presso gli antichi veneti la semina fosse accompagnata da cerimonie di tipo lugubre o funebre , come presso molte popolazioni della terra, le quali vedevano nella semina il seppellimento di una divinità.(ne parla “il ramo d’oro di J.G. Frazer). Plutarco , per esempio parlando dei riti egiziani della semina , dice che :<
Durante le ferie sementine romane avveniva il rito della”iactatio oscillorum , cioè dell’<
Gli oscilla erano maschere o masche (larve) e la commedia dell’arte si fa carico di traghettare questo sapere e queste conoscenze e liturgie arcaiche travasandole nella commedia(o tragedia apotropaica), Oscillamento di questi oggetti poteva impaurire gli uccelli e farli desistere nel dissotterrare le sementi. A roma le cornacchie erano portatrici di valori religiosi, come prova una iscrizione sull’Esquilino : “Devas Corniscas sacrum”,<
Il culto è legato a Cornix, detta Coronis, madre di Esculapio.Negli orti romani si era soliti conficcare nel terreno delle statue di priamo (come le erme con gli organi sessuali maschili in mostr, doppio simbolo l’erma di per se era un Menhir) perche tenevano lontano gli uccelli , ma anche i sortilegi e le stregonerie.Gli uccelli che arrecavano danni agli orti era gli spiriti dei morti inrequietiLa cerimonia latina dedicata a Cerere e a Tellus, divinità della terra e dei morti era comune a tutti i popoli e i veneti con particolare intensità, i morti erano particolarmente affamati e andavano placati.Gli Oscilla, maschere e o statuette venivano appesi per tenere lontano gli uccelli, avremo un motivo di divergenza dalle concezioni venete, che i corvi non dovevano essere spaventati o allontanati . ma rabboniti con offerte adeguatamente belle e non solo buone.Secondo Teopompo le focacce erano preparate in “modo bello”con gusto ; e questo particolare potrebbe adombrare la realtà di pani o focacce figurate , figurine di uomini , maschere, come quelle che venivano appese nelle campagne romane . Gli etruschi usavano le cortecce degli alberi come maschere per rappresentazioni sacre svolte nelle ore del meriggio,A Roma si preparavano focacce fatte a mo di ruota solare in onore del dio notturno Sommano, oppure maschere mostruose della dea Mania nominate “maniole”. Maschere apotropaiche come le antefisse etrusche di gorgoni con la lingua completamente fuori, pensate alle zucche nell’antica festa agricola di Firenze della Rificolona .E sempre nel mondo romano si confezionavano maschere che venivano agitate nei campi. I dodici falli ritrovati ad Este nella stipe votiva di Morlungo servivano per cerimonie agrarie legate alla fertilità. Gli antichi Veneti traevano auspici dal modo con cui i corvi si comportavano nel momento della semina:se mangiavano le offerte era segno di abbondanza per i raccolti futuri,se erano rifiutati era segno di carestia.. La parola Aruspico proprio l’esservatore degli uccelli, nel mondo etrusco e romano. e i corvi erano uccelli privilegiati in per questo tipo di presagi , il loro gracchiare e il loro movimenti . Ecco i due tipi di uccelli per l’indagine gli “alites” e gli “oscines” i primi davano presagi con il volo gli altri con le grida. I Veneti in epoca tardo repubblicana (primo sec.d.C.) avevano in uso tali divinazioni . Anche presso i veneti era in uso l’interpretazione dei fulmini come segno di volere degli dei , Si trattava di individuare il dio che lo aveva scagliato e dedurre il rito che andava impiegato per placare i poteri malefici che interferivano nel luogo dove era caduto il fulmine e ripulirlo.A Oderzo è stato rinvenuto un sasso ablungo con iscrizione latina dove è scritto :<<>> cioè <
ATTI DI DEVOZIONE
Il gesto di adorazione
Tra le stipi, o i depositi votivirinvenuti a Este quello di Caldevigo è fra i più antichi , poiché vi figura un bronzetto, raffigurante la cosiddetta <
Quanto alle armi miniaturistiche . Questo tipo di oggetti votivi è stato rinvenuto anche a Telamone riferibile alla battaglia che vide i romani e i loro alleati , tra i quali 20000 veneti ,vincitori sui galli proprio nei pressi di Telamone nel
Tra gli oggetti della stipe di Caldevigo è stata rinvenuta una lamina bronzea rettangolare, molto importante per il nostro studio,che raffigura a incisione una donna con ampio scialle che scende sulla schiena in abito paleoveneto , con una sorta di manto che si allarga in basso a campana, mentre un cinturone le orna la vita. Questo personaggio femminile fissato nell’atto di sollevare la mano destra (per me è la sinistra) di fronte alla bocca. La ricchezza dell’abbigliamento , essa è stata ritenuta se non la dea stessa- ha lo stesso abbigliamento della statuetta detta di donna orante sempre di caldevigo) la donna sta rendendo omaggia alla divinità a Retia. Ogni religione ha un suo modo di venerare e rendere omaggio alla divinità. Le mani giunte , la mano con il palmo sul petto , ma gli etruschi come i romani i persiani e i popoli del vicino oriente origini sumeriche ittiti usavano partare la mano destra alla bocca e imitando il gesto di mandare un bacio.era la “proskynesis dei greci-baciare con fervore-segno di adorazione e di saluto.Questo tipo di devozione era antichissima e presso i veneti si è mantenuta pressoché uguale a quella degli antichi Sumeri Venerazio->l’arte di accattivarsi la divinità . L’etologia ci aiuta nel delucidarci questi comportamente legati al sacro.. Sono i gesti semplici e usuali che l’uomo adopera i momenti importanti della vità: Il gesto della supplica, l’abbraccio, la stretta di mano, il sacrificio di animali o di un capro espiatorio, la danza, sono esempi di comportamenti comuni agli uomini . La donna di Cadevigo riassume in quell’atto e in quel gesto un rito usuale presso le antiche popolazioni ed è rimasto ancora comprensibile come atto devozionale anche per noi uomini del III millennio.
DO UT DES->TI DO perché MI DAI
DO QUI DESISTI-> TI DO PERCHE’ MI HAI DATO.
Un gesto che ricorre più spesso è quello della libagione. Nella stipe barbatella molte statuette rappresentano uomini e donne con un vasetto o una patera in mano, come la statuetta veneta dal museo di Padova, come da Carceri d’Este proviene un gancio di cinturone che raffigura una donna in atto di versare del liquido in una tazza , al cospetto di un personaggio che è stato interpretato come uomo-pesce, forse divinità fluviale . L’atto del culto è sempre il medesimo quello di offrire ad una divinità o a un eroe un liquido commestibile . Si versa a terra, o nell’acqua o nel fuoco affinché la divinità ne possa assorbire le energie per renderlo partecipe la divinità alla consumazione di un alimento pregiato. Un rito remotissimo. La fede è un patto, un rispetto bilaterale dei patti e delle regole tra uomini e dei.L’uomo offre con deferenza agli dei la parte di bevanda che spetta agli dei . Nel mondo italico sono frequentissime le scene di offerenti, dalle prime testimonianze dell’arte italica (IX-VIII sec.a.C.) Con molta probabilità questi riti sono stati influenzati nel mondo paleoveneto dagli etruschi (come daltra parte le figure oraffigurazioni ) e sia i bronzetti di Padova che quello della donna che offre sul gancio atestino La libagione era un rito pubblico e privato, taluni stipi votive come quella di Montegrotto o quella di San Daniele a Padova abbondano di coppe votive. Molto probabilmente anche i mestoli di Lagole in Cadore con dediche a Trumusijat, appartengono a questo tipo di rito ,servivano per attingere liquido con cui libare. Pratica diffusa anche nei santuari etruschi.
SUONATORI DI STRUMENTI DELL’OLTRETOMBA
Nelle sicule e nei bronzetti veneti sono frequenti le raffigurazioni di musicanti, forse era una pratica o cerimonia di culto o attività legate alla vita di società . Per le raffigurazioni delle situle il problema è aperto , ma per quanto riguarda i bronzetti , in quanto costituivano offerte ai defunti ,rientrano nel quadro dei culti paleoveneti. Le raffigurazioni . Sulla situla della Certosa Al museo archeologico di Bologna sono raffigurati due personaggi con cappello a tese larghe, uno davanti all’altro intenti nel suonare uno la lira e l’altro la siringa, ma anche in altre situle furono notate scene di musicanti , la musica era elemento importante nella cultura dei Veneti.
Per i bronzetti abbiamo Testimonianze al museo Concordiese di Portogruaro proveniente da Sesto al Reghena- suonatore di lira seduto sopra uno sgabello databile V sec.
Al museo provinciale di Torcello che raffigura un suonatore di siringa vestito con un gonnellini lungo fino al ginocchio.
A Gazzo Veronese è conservato un altro suonatore di siringa proveniente dalla necropoli di Dosso del Pol Questa statuetta si è sicuri che viene da un contesto funerario e si presume anche per gli altri bronzetti.
COCLUSIONI
i culti degli antichi veneti non risultano organizzati in un complesso e preciso sistema politeistico, sul tipo di quello dei greci e dei romani .I dati sono scarsi ma in ogni caso ci sono degli elementi concreti i quali indicano che le comunità venete adoravano una divinità principale polivalente, affiancata da divinità minori e degli spiriti dei defunti. Poi assistiamo all’assorbimento delle divinità grecoromani che lentamente cancellano la prima divinità Veneta.
La divinità principale era preposta a molteplici domini della natura e della vita , domini che ad esempio nel mondo greco erano appannaggio di divinità diverse e specializzate.
RETIA proteggeva gli animali era connessa con le acque del fiume Adige, era preposta all’educazione dei giovani e alle cerimonie dei ritidi passaggio alla maggior età e al matrimonio, era inoltre una dea della slute del corpo, dell’arte della profezia e della magia attraverso la quale l’alfabeto diventa parola e srittura nei santuari.
Trumusijat di Lagole era pure una dea multiforme :presiedeva le cerimonie degli allevatori e dei cacciatori cadorini , probabilmente aveva qualche cosa a che fare con l’arte della guerra , visto che a lei venivano dedicate statuette di guerrieri, ma era soprattutto una dea sanatrice .
Placchette con raffigurazioni di bovini si trovano sia nella stipe Barbatella di Este sia nella stipe di Villa di Villa; lamine con cavalieri e tavolette alfabetiche simili tra loro contraddistinguono la stipe di Vicenza e quella atestina del fondo Bratella ; statuette di devoti assolutamente uguali si sono rinvenute a Lagole e a Villa di Villa; bronzetti di cavalieri simili fra loro provengono da Lagole che dalla stipe di Barbatella , e l’elenco delle parentele fra i santuari del Veneto potrebbe continuare ancora a lungo, erano legati. Questo fenomeno non documenta soltanto l’esistenza di centri di produzione di ex voto comuni ai santuari diversi, o la circolazione di punzoni e matrici fra gli artigiani dei diversi luoghi di culto, ma documenta pure la somiglianza e insieme le molteplici possibili attribuzioni delle divinità principali presso le varie comunità dei veneti
Accanto alle divinità supreme, di carattere multiforme e polivalente , esistevano divinità minori. A Montegrotto ad esempio , c’era Gerione con il suo Oracolo, accanto al dio principale delle fonti termali ; a Este c’erano le due divinità dette “Alcomno” , c’erano gli dèi,sconosciuti,cui spettavano le stipi di Caldevigo e di Morlungo. Tuttavia è difficile stabilire fino a che punto queste divinità minori di Este (ma anche il caso di Padova è analogo)fossero organizzate in un rudimentale sistema politeistico accanto alla divinità Leader, e fino a che punto si trattasse invece di divinità proprie dei diversi villaggi o dei diversi quartieri o gruppi tribali che componevano la città stessa. E’ possibile infatti che un’unitàsociale atestina avesse fatto capo , per la medesima cerimonia, al santuario di Caldevigo, mentre un’altra avesse fatto capo al santuario di Barbatella.
Fin dalle epoche più remote , accanto e al dì sotto degli dèi erano venerati anche gli spiriti dei morti (i lari nel mondo romano) e degli eroi. Le pratiche funerarie , i sacrifici di cavalli, i riti in onore degli uccelli , che erano ritenuti sede delle anime dei morti, sono elementi che attestano quanto fosse radicata presso i Veneti la credenza dell’immortalità dell’anima e nelle capacità di operare da parte degli spiriti . Probabilmente tali spiriti non erano contraddistinti da una fisionomia personale molto marcata , come invece nel caso degli eroi greci o romani , i quali erano protagonisti di una mitologia estremamente complessa. (necessari per consolidare il potere e unificare indirizzando i culti verso l’impero, nel caso dei romani)Forse attraverso l’ellenizzazione e poi ,soprattutto, attraverso la romanizzazione del Veneto, anche gli eroi e gli spiriti della saghe locali poterono assumere una fisionomia meno labile, ma di questo fenomeno non è rimasta traccia.
Con l’introduzione dei culti di origine greca, grazie agli Etruschi e ai Greci stessi, si raggiunse sicuramente un primo abbozzo di sistema politeistico. Ercole, ad esempio, entrò a far parte del complesso di divinità di Montegrotto e del santuario stesso di Retia nel fondo Barbatelle. Questo elemento nuovo fu accompagnato dalla costruzione di un nuovo e più articolato sistema di miti caratteristici dei vari luoghi di culto. Il caso di Montegrotto è esemplare al riguardo. Con il passare del tempo e con la penetrazione capillare della cultura romana e italica nel Veneto, le divinità locali furono <
Purtroppo soltanto in pochi e fortunati casi è possibile seguire questo processo finale. La trasformazione di Retia in Minerva è forse l’esempio che meglio si può percepire d’un simile fenomeno.
Io sono circondato da preti che ripetono incessantemente che il loro regno non è in questo mondo, eppure allungano le mani su tutto quello che possono prendere – Napoleone
Ho trascorso ore angosciose, rese tanto più gravose dai tentativi inumani compiuti intorno a me da altissimi dignitari ecclesiastici per indurmi a sconfessioni e a ritrattazioni... Ho resistito impavido. Ne sono fiero - Ernesto Bonaiuti, sul letto di morte. 1946
..Oggi occorre sapere che un teologo, un prete, un papa, non appena aprono bocca a pronunciare una frase, non solo sbagliano ma mentono... Le nozioni di aldilà, quella stessa di anima, sono arnesi di tortura usando i quali il prete diventò padrone e padrone rimase... - F. Nietzsche
Quando i missionari vennero per la prima volta nella nostra terra, loro avevano le Bibbie e noi avevamo la terra. Cinquant'anni dopo, noi avevamo le Bibbie e loro avevano la terra - Jomo Kenyatta, primo presidente del Kenya dopo l'indipendenza
Se Gesù fosse stato ucciso vent'anni fa, i bambini cattolici porterebbero
al collo piccole sedie elettriche e non croci - Lenny Bruce
"Il cristianesimo diede da bere a Eros il veleno: esso non lo fece morire, ma degenerare in vizio."
(Friedrich Nietzsche)
"Si guardi indietro a tutte le guerre, ai disordini, alle ribellioni e alle rivoluzioni: se ne troveranno ben poche che non abbiano avuto come seme, o come pretesto, una qualche contesa religiosa."
(Arthur Schopenhauer)
"Il monoteismo genera il fanatismo, il fanatismo l'odio e l'odio le guerre di religione."
(Anacleto Verrecchia)
"La parte più fanatica e superstiziosa dell'umanità in materia di religione ha sempre una passione per i misteri, e per questa ragione ama di più ciò che capisce meno."
(Isaac Newton)
Il migrante, "spogliato" dei suoi luoghi di origine, si trova in uno stato di momentanea nudità, in balia di uno spazio cosmico, in uno stato non gravitazionale, dove l'alto e il basso perdono di senso e le certezze si fanno evanescenti. A questa colorita ma interessante metafora potremmo aggiungere quanto dice Zanini, secondo il quale valicare una frontiera vuol dire "uscire da uno spazio familiare, conosciuto, rassicurante, ed entrare in quello dell'incertezza". In sostanza viene a mancare il senso dell'abitare e dell'appartenere ad un luogo. Per il migrante diventa di vitale importanza ridisegnare uno spazio capace di accogliere il suo mondo di credenze, di significati, di simboli o più semplicemente la sua cultura. Fino a quando questo atto di ridefinizione del proprio habitat non si esaurisce, l'esperienza del migrare rimane in una condizione di confine, in una sorta di bolla liminale.
La trascrizione dell'intervento della dottoressa Maria Angela Ruta Serafini sulle donne paleovenete, tenutsi il 21 02
1 commento:
Un riassunto perfetto, caro Luigi! Se non ti spiace lo pubblicherò anche da me spezzettandolo, abbiamo dei lettori con black ground diversi :)
millo bozzolan
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