venerdì 6 marzo 2020

Simboli della continuità di Roma

Palazzo della Civiltà del Lavoro, non il Colosseo, lo specchio di Roma
Il Colosseo, nella sua destinazione, i giochi cruenti del circo, nati dall'estensione dell'Urbe a tutti i paesi del Mediterraneo e assorbimento dei loro costumi, non si lascia comprendere nello spirito della romanità. Il Colosseo si chiama così perché innalzato dai Flavi, a lato del Colosso di Nerone per oltraggiarne la memoria, avendo questi vietati i giochi del circo. Colosso poi demolito dal papato per impedire a romani di continuare a posare fiori sul suo podio.
Non il Colosseo è lo specchio di Roma ma l'opera più mirabile di tutto il novecento, la più significativa, dovuta agli architetti Guerrini, Padula, Romano. Il sapiente gioco di forme geometriche, di luci e ombre, su un'altura coperta di spettacolari gradinate marmoree rimandano alla montagna cosmica. La quadratura del complesso esprime il bisogno di orizzontalità nel caos contemporaneo con l'introduzione di direzioni e coordinate. Incantano la leggerezza, la forza delle sue forme. 28 le statue sul basamento delle arcate inferiori. Ai quattro angoli della piattaforma i gruppi marmorei dei Dioscuri sono in procinto di lanciarsi al galoppo in ogni angolo del mondo. Sull'estrema sommità, priva di qualsiasi modanatura, il sole bacia l'anelito alla libertà, a un mondo più giusto dell'alacre popolo italiano; parole offerte alle potenze celesti nell'ansia virgiliana di elevarsi alle stelle.

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