lunedì 26 ottobre 2015

Il Viaggio in Egitto di Renè Guenon

 
Angelo Iacovella
in “Orientalia” da Secolo d’Italia di venerdì 11/02/05 
Nel 1930, Rene Guénon compie un viaggio in Egitto in compagnia di Madame Dina, una ricca americana vedova dell’ingegnere egiziano Hasan Farid Dina. Lo scopo ufficiale della visita? Procurarsi rari trattati di esoterismo islamico, altrimenti irreperibili. La sua amica ritornò in Francia dopo qualche mese, mentre il grande metafisico francese decise, nello sconcerto dei più, di trattenersi al Cairo, dopo aver procrastinato più volte il viaggio di ritorno. Privo di un qualunque legame parentale in patria, si lasciò assorbire completamente dalla vita e dall’ambiente circostante, conducendo un’esistenza ritirata e dedita alla sua nuova famiglia, alle meditazioni e allo studio.
Iniziato alla confraternita Hamîdiyya Shâdhiliyya, guidata dallo sceicco Abd al-Rahmân al-Elish al-Kabîr, Guénon – stando alla testimonianza dei suoi amici e dei suoi conoscenti locali – riusciva a raggiungere, durante le cerimonie sufi, stati intensi di estasi, probabilmente grazie alla pratica dello dhikr individuale (o “menzione ripetuta del nome di Allah”) cui doveva indulgere nel suo ritiro cairota. Il professor ‘Abd al-Hamîd Mahmûd, teologo dell’università di al-Azhar, una volta recatosi con lui nella moschea del sultano Abû al-’Alâ, lo descrive con queste parole: «Avendo preso posto in un gruppo che faceva lo dhikr, René Guénon cominciò a bisbigliare fra sé e sé e a scuotersi, quindi le sue parole divennero udibili e i suoi movimenti si intensificarono; infine ecco che egli si immergeva e sprofondava completamente nello dhikr; dovetti in seguito svegliarlo finché si riscosse violentemente con un fremito; ho pensato che tornasse da contrade lontane e ignote».
Considerando la mole dei suoi studi e delle sue ricerche, i saggi dedicati specificatamente all’Islam non occupano, tutto sommato, che una fetta esigua delle monografie guénoniane. Si tratta per lo più di brevi articoli la cui ampiezza totale non supera qualche decina di pagine. Ciò nonostante, al di là della sua scelta personale, Guénon rappresenta tuttora per l’Occidente uno dei punti di riferimento più importanti per l’approccio alla cultura e alla religione islamica Questo enigma ci sembra possa essere, almeno in parte, sciolto dai numerosi riferimenti alla tradizione musulmana che si trovano disseminati nei suoi contributi sull’interpretazione dei simboli, e dei contenuti-chiave delle religioni tradizionali orientali e non, costituendo una sorta di trama sottile o di leit-motiv che ricorre e che fa da sfondo a tutte le sue trattazioni. In realtà ci sembra di poter affermare che l’influenza che egli ha esercitato e continua ad esercitare in maniera crescente sulle generazioni occidentali si possa attribuire al modo in cui per primo egli si è accostato all’Islam senza pregiudizi di sorta, esaltandone anzi la grande eredità spirituale. Sino a quel momento, la considerazione che si aveva dell’Islam in Europa era, al massimo, di carattere puramente e strettamente “culturale”, legata agli ambienti accademici ufficiali talvolta essi stessi contaminati da tesi preconcette e parziali. In alcune pagine illuminanti de L’ésoterisme islamique Guénon sintetizza in modo magistrale quelli che sono i due aspetti fondamentali dell’Islam: l’aspetto essoterico e quello esoterico (o in termini più prosaici la dottrina legalista ufficiale e la mistica via dei sufi) fornendo, al tempo stesso, la sua interpretazione personale che trovava nel secondo, e soltanto in esso, la vera giustificazione dell’essenza del primo.
«Di tutte le dottrine tradizionali, la dottrina islamica è forse quella in cui più nettamente è segnata la distinzione tra due parti complementari l’una all’altra, che si possono designare come essoterismo ed esoterismo. Esse sono, seguendo la terminologia islamica, es-shariyah, cioè letteralmente la “grande strada” comune a tutti, e el-haqîqah, cioè la “verità” interiore, riservata all’élite, non in virtù di una decisione più o meno arbitraria, ma per la natura stessa delle cose, perché non tutti possiedono l’attitudine o le “qualificazioni” richieste per pervenire alla sua conoscenza. Le si compara spesso, per esprimere il loro carattere rispettivamente “esteriore” e “interiore”, alla “scorza” e al “nocciolo” (el-qishr wa el-lobb), o ancora alla circonferenza e al suo centro. La shariyyah comprende tutto quello che il linguaggio occidentale designerebbe come propriamente “religioso”, e soprattutto l’aspetto sociale e legislativo che nell’Islam si integra essenzialmente alla religione. Si potrebbe dire che essa è prima di tutto regola d’azione, mentre la haqîqah è “conoscenza pura”; ma dev’essere ben chiaro che è questa conoscenza che dà alla shariyyah stessa il suo senso superiore e 

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