mercoledì 3 luglio 2024

Le radici dell'Europa non sono cristiane, ma pagane

 


La Civiltà Occidentale nasce in epoca classica nel Mediterraneo. Su questa civiltà si innestarono le popolazioni celtiche e germaniche, i barbari ammiravano e copiarono il sistema imperiale romano, che diedero un apporto fondamentale all'etnicità del futuro Occidente e…il cristianesimo copiò a piene mani dalle liturgie delle varie religioni approdate a Roma. Il cristianesimo fu al contempo un fattore di rottura e di continuità con l'antica Roma, ne copio i colori, ne adottò la lingua e si insediò nell’Urbe. La nuova religione trasformò molto la mentalità del tardo impero, riciclo anche malamente il classicismo: in breve per potersi espandere nel mondo romano si appropriò dell’alta filosofia greca: al neoplatonismo che 400 anni prima di Cristo parlava dell’immortalità attraverso l’anima.

Oggi l'Europa e quindi l'Occidente intero possiedono un'identità che è frutto della fusione di due elementi: civiltà classica, apporto etnico celto-germano-slavo sinteticamente possiamo denominare barbarico. Il cristianesimo si inserì di forza ed in maniera alle volte confusionata, con l’aito di un Imperatore, Costantino che comprese l’opportunità della religione cristiana dato che un Dio unico poteva rinforzare l’unità l’Impero nelle sue mani.  Si può concludere osservando che le radici dell’Europa non sono cristiane ma pagane!

martedì 2 luglio 2024

Un martire: Aonio Paleario

3 luglio 1570: viene bruciato sul rogo un martire del libero pensiero (secondo la definizione dello scrittore Alete Dal Canto): il famoso umanista d'estrazione erasminiana Aonio Paleario.
I primi anni e gli studi
Aonio Paleario (o Paleari), nome umanistico di Antonio della Paglia (o Pagliara), nacque a Veroli, in provincia di Frosinone, nel 1503, dall'agiato artigiano salernitano Matteo della Pagliara e da Clara Jannarilli. Il giovane Aonio compì studi classici con il notaio Giovanni Martelli, iscrivendosi successivamente, grazie alla protezione del vescovo di Veroli, Ennio Filonardi, ai corsi di filosofia e di lettere antiche ed eloquenza all'università di Roma, ma non poté completare gli studi, perché dovette abbandonare, nel 1529, la città pontificia, devastata dal sacco del 1527 a causa dei Lanzichenecchi.


Vagò allora attraverso l'Italia, fermandosi a Perugia e qui rincontrò il suo protettore Filonardi, che, quando era stato nunzio apostolico a Costanza, aveva conosciuto Erasmo da Rotterdam, idolo letterario e riferimento religioso per Paleario.
In seguito, nel 1534, Paleario avrebbe scritto una lettera al grande umanista olandese per chiedergli di convincere i teologi tedeschi riformatori a presenziare al concilio (in realtà il famoso Concilio di Trento, dopo ripetuti rinvii, iniziò i propri lavori solamente nel 1545), convocato, appena dopo la sua elezione, da Papa Paolo III.
Paleario a Padova
Nel periodo 1530-31 Paleario si recò a Siena, e poi a Padova, dove visse dal 1531 al 1536 (eccetto un periodo a Bologna nel 1533) e completò gli studi, laureandosi ed entrando nell'ambiente letterario, che gravitava attorno al Cardinale Pietro Bembo.
Qui egli completò la stesura del suo primo lavoro di successo: il poema filosofico, di ispirazione neoplatonica, "De animorum immortalitate", dedicato all'imperatore Ferdinando d'Asburgo e accompagnato da una lettera per Pier Paolo Vergerio, ambasciatore pontificio presso l'imperatore. L'opera, tuttavia, non aggiunse niente di nuovo al dibattito accademico sull'argomento, accesosi dopo la condanna del noto trattato di Pietro Pomponazzi, il "Tractus de immortalitate animae", dove l'umanista mantovano aveva negato l'immortalità dell'anima.
Paleario tra gli evangelici toscani
Nel 1537 Paleario si stabilì a Colle Val d'Elsa (provincia di Siena), si sposò con Marietta Guidotti, da cui ebbe cinque figli, e insegnò come tutore privato. Nella cittadina senese l'umanista creò un cerchio di allievi, con i quali discuteva su scottanti argomenti dottrinali, al centro del dibattito fra Chiesa cattolica e Riforma, come il culto dei Santi, l'autorità della Chiesa di Roma, l'esistenza del purgatorio, il contrasto fra Sacre Scritture e Tradizione storica.
Inoltre egli ebbe l'occasione, in questo periodo, di conoscere l'intellighenzia evangelica fiorentina, tra cui il letterato Pier Vettori, Bartolomeo Panchiatichi, Pier Francesco Riccio, Pietro Carnesecchi e Marcantonio Flaminio, e di quest'ultimo diventò fedele amico.
Paleario accusato d'eresia
Oltre a ciò, Siena era terra d'origine di uno dei più famosi riformatori italiani, il vicario generale dell'ordine dei cappuccini, Bernardino Ochino, quindi fu purtroppo scontato, in seguito ad una campagna di propaganda denigratoria contro di lui, che Paleario fosse accusato d'eresia nel giugno 1542 (pochi mesi prima della fuga di Ochino in Svizzera) davanti all'arcivescovo di Siena, Francesco Bandini Piccolomini.
Paleario uscì indenne dal procedimento a suo carico (fu assolto per insufficienza di prove), sia per l'intervento a lui favorevole del cardinale Jacopo Sadoleto, sia perché lo stesso arcivescovo Piccolomini non infierì, essendo segretamente favorevole alla riforma moderata della Chiesa, propugnata da Sadoleto e dal cardinale Gaspare Contarini.
In seguito a questa vicenda e alla citata fuga dell'Ochino, Paleario scrisse l'orazione "Pro se ipso" (composta nel 1543, ma pubblicata solo nel 1552), un'appassionante difesa della libertà di coscienza, di cultura e di discussione e della possibilità di poter attingere direttamente alle Sacre Scritture.
Nel 1544 egli scese ancora più nettamente nel campo della Riforma, scrivendo una lettera ("Servus Jesu Christi") a Calvino, Lutero, Melantone, e Bucero, di contenuti simili a quella scritta dieci anni prima ad Erasmo da Rotterdam, esortandoli di mettere da parte le divergenze teologiche, ma rimase profondamente deluso dall'apertura del Concilio di Trento il 13 dicembre 1545 senza la partecipazione dei teologi protestanti.
Paleario a Lucca
In ogni caso nel luglio 1546 Paleario decise di trasferirsi a Lucca, approfittando dell'ambiente più favorevole ai riformatori. Qui, per intercessione di Pier Vettori e sotto la protezione della potente famiglia Buonvisi, gli fu affidato un incarico ufficiale di professore di letteratura alla Scuola superiore di Lucca (un simile ruolo gli era stato precluso a Siena per la sua fama di eretico) e diventò anche precettore della famiglia Calandrini. Il periodo lucchese fu tra i più sereni e fecondi per il filosofo di Veroli, che scrisse varie orazioni ed ebbe contatti epistolari con riformatori italiani, come, ad esempio, Celio Secondo Curione.
Nella primavera 1555, Paleario tornò a Colle Val d'Elsa, proprio poco dopo la caduta della repubblica di Siena, conquistata da Cosimo I de' Medici. Qui scrisse un trattato in italiano, in due parti: "Del governo della città" (andata perduta) e "Dell'economia o vero del governo della casa": un inno alla religiosità erasminiana e valdesiana, vissuta nell'intimo della famiglia.
Paleario a Milano
Tuttavia la visione della campagna devastata dalla guerra e l'esilio all'estero di tanti amici lucchesi riformati, a causa della repressione messa in atto da Papa Paolo IV, lo convinse ad emigrare a Milano nel 1556 per coprire la cattedra di studi umanitari.
Nonostante che, anche qui a Milano, Paleario fosse inquisito per eresia nel febbraio 1560 (fu comunque assolto), nella città lombarda egli conobbe letterati, come il poeta Publio Francesco Spinola e finì la sua opera principale, intrisa di polemica antipapale e anticlericale, l'"Actio in Pontifices Romanos et eorum asseclas" (Atto di accusa contro i Papi di Roma e i loro seguaci), inviandola in Svizzera, presso il riformatore di Basilea Theodore Zwinger, per essere conservata. L'opera verrà pubblicata, postuma, nel 1600 ad Heidelberg, in Germania.
Paleario nuovamente inquisito
Nel 1567 Paleario entrò nuovamente nel mirino dell'Inquisizione di Milano per le sue opere letterarie (soprattutto Pro se ipso): sebbene riuscisse a far sospendere, per motivi di salute, un ordine d'estradizione verso Roma, emesso il 9 agosto, e tentasse di chiedere una mediazione, fallita, da parte dell'imperatore Massimiliano II,
Tuttavia, fu infine costretto a recarsi a Roma nell'agosto 1568 per presentarsi davanti all'Inquisizione romana, in una città cupa, dominata dal rigore fanatico imposto da Papa Pio V.
La fine
Rinchiuso (letteralmente a marcire) nel carcere di Tor di Nona per ben due anni, si comportò coraggiosamente: non abiurò, si rifiutò di indossare l'infamante abitello (l'abito giallo degli eretici), anzi accusò, lui stesso, il papato e Pio V in persona, che presiedeva il tribunale. Il processo, ovviamente, si concluse, il 4 ottobre 1569, con la sua condanna come eretico impenitente.
Il 30 giugno 1570 fu fatto l'ultimo tentativo, non riuscito, di farlo abiurare: tre giorni dopo, il 3 luglio 1570, l'anziano (67 anni) umanista fu impiccato e arso sul rogo nella piazzetta a Ponte Sant'Angelo, nello stesso posto dove, tre anni prima, il 21 settembre 1567, era stato bruciato Pietro Carnesecchi.
Curiosità
A Paleario sono stati attribuiti i seguenti versi satirici (e purtroppo per lui profetici), indice dei momenti di terrore, derivati dalla severa azione anti-eretica di Pio V:
"Quasi che fosse inverno,
brucia cristiani Pio siccome legna
per avvezzarsi al fuoco dell'inferno."
Bibliografia
• Douglas Swannie: "Aonio Paleario" dal Dizionario del pensiero cristiano alternativo (eresie.com).
• Salvatore Caponetto: "Aonio Paleario (1503-1570) e la Riforma protestante in Toscana". Claudiana.
• Alete Dal Canto: "Aonio Paleario. Un martire del libero pensiero". Bastogi.
• Delio Cantimori: "Eretici italiani del Cinquecento". Einaudi.
• Salvatore Caponetto: "La Riforma protestante nell’Italia del Cinquecento". Claudiana
• Massimo Firpo: "Riforma protestante ed eresie nell’Italia del Cinquecento". Laterza
• Massimo Firpo: "Dal sacco di Roma all'inquisizione". Edizioni dell'Orso.
Immagini
• A sinistra: Copertina del libro "Aonio Paleario, un martire del libero pensiero" dello scrittore e libero pensatore anticlericale Alete Dal Canto.
• A destra in alto: Medaglione in bronzo di Ettore Ferrari in ricordo di Aonio Paleario. Questa immagine di Paleario si trova sulla base del monumento a Giordano Bruno in Campo dei Fiori, a Roma.
• A destra in basso: Copertina dell’opuscolo di Aonio Paleario: “Atto di accusa contro I Papi di Roma ed i loro seguaci, indirizzato all’Imperatore de’ Romani, ai re, ai principi cristiani, ed ai presidenti del concilio generale di Trento" (versione in italiano dell'"Actio in Pontifices Romanos et eorum asseclas" del 1861 a cura di L. De Sanctis).
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lunedì 1 luglio 2024

La tomba di Raffaello al Panteon di Roma

Quando nel 1833 vennero eseguiti degli scavi per ritrovare i resti di Raffaello con successo, Giuseppe Gioacchino Belli scrisse un dissacrante sonetto, che terminava eloquentemente: «Trovi uno schertro in de la terra smossa?



Santo Stefano è legato ad Iside

La chiesa di Santo Stefano Protomartire è la parrocchiale di Malcesine, era una pieve ed è stata costruita non a caso sopra un tempio dedicato a Iside. Le chiese dedicata al Protomartire Santo Stefano sono in gran parte costruite sopra templi dedicate ad Iside come a: Verona, Bologna le sette chiese, Benevento, Roma l'iseo Campese sopra hanno costruito Santo Stefano del Caco......