martedì 30 aprile 2024

25 aprile e primo maggio: feste arcaiche legate alla fecondazione della natura

 Adesso che stanno passando le due festività stagionali (25 aprile e 1 maggio), potrebbe essere interessante sottolineare che ambedue queste date hanno avuto nel passato un significato celebrativo ben diverso da quello secolare attuale [Festa della Liberazione/Libertà (in Italia e in Portogallo) e Festa internazionale dei Lavoratori].

25 aprile


Il 25 aprile, festa di San Marco, era la data quando si celebravano le Rogazioni maggiori (mentre le Rogazioni minori venivano celebrate il lunedì, il martedì e il mercoledì prima della festa dell'Ascensione), una serie di riti cattolici, che consistevano in preghiere, atti di penitenza e processioni propiziatorie per la buona riuscita delle semine.
Ma, come spesso succede, questo rito cattolico era derivato da precedenti festività romane, quella dell'Ambarvalia che comprendeva processioni fatte allo scopo di propiziare il buon esito dell'annata agraria con invocazioni alla dea Cerere, e quella dei Robigalia.
Quest'ultima veniva celebrata in onore del dio Robigus, una divinità ctonia e maligna legata alla “ruggine”, una particolare malattia del grano causata dal fungo Puccinia graminis.
Per acquietare la furia della divinità, le celebrazioni comprendevano dei giochi (ludi), ma soprattutto il sacrificio di un cucciolo di cane (catulus), che doveva avere il manto rosso. Il richiamo al colore rosso era tematico: la malattia del grano era caratterizzato da un colore rosso, lo stesso colore del pelo e del sangue dell’animale sacrificato, il cui colore richiama anche quello del dio della guerra e, sorprendentemente, dell’agricoltura, Marte. Infatti, secondo uno dei massimi esperti di religioni romane, William Warde Fowler, il nome Robigus non era altro che un’indigitazione del dio Marte, vale a dire un nome usato in una preghiera per invocare uno specifico intervento del dio.
1 maggio
Il 1 maggio, invece, veniva celebrato (e tuttora si celebra) da molti popoli del passato, come Calendimaggio, il cui nome deriva dal periodo in cui si svolgeva, vale a dire le calende del mese nel calendario romano.
I Romani lo facevano coincidere con Floralia, una cerimonia di cinque giorni per onorare Flora, la dea romana dei fiori, che era considerata una delle più antiche dee della religione romana ed era una delle 15 divinità ad avere uno specifico sommo sacerdote, il Flamen Florialis.
Beltane
Per i Celti, il 1° maggio (o comunque nella data a metà tra l'equinozio di primavera ed il solstizio estivo) si festeggiava Beltane (in gaelico irlandese: Bealtaine, e in gaelico scozzese: Bealltainn).
L'etimologia del termine deriverebbe dal termine celtico *belo-te(p)niâ (fuoco brillante).
Conosciuto anche come Cétshamhain ("il primo/l'inizio dell'estate"), Beltane segnava l'inizio dell'estate e marcava il momento quando il bestiame veniva portato ai pascoli estivi.
Storicamente, si festeggiava in Irlanda, in Scozia e nell'Isola di Man e iniziava la notte prima del 1 maggio. Gli antichi Celti credevano che il sole fosse tenuto prigioniero durante i mesi invernali, per essere rilasciato ogni primavera e celebravano quindi questo momento con falò e feste, oltre a rituali per proteggere il bestiame, i raccolti e le persone e per incoraggiare la crescita. Si riteneva che le fiamme, il fumo e le ceneri dei falò avessero poteri protettivi. Le persone e il bestiame venivano fatti camminare intorno al falò e qualche volta saltavano attraverso le fiamme o le braci.
I pozzi sacri
Anche i pozzi sacri venivano visitati a Beltane: i visitatori pregavano per la salute mentre camminavano in senso solare (spostandosi da est a ovest) intorno al pozzo. In seguito lasciavano delle offerte, o monete o un clootie (un tipico budino). La prima acqua prelevata da un pozzo a Beltane veniva considerata particolarmente potente, così come la rugiada mattutina di Beltane. All'alba di Beltane, le fanciulle si rotolavano nella rugiada o si lavavano il viso con essa. La rugiada veniva anche raccolta in un barattolo, lasciata alla luce del sole e quindi filtrata. Si pensava che essa aumentasse l'attrazione sessuale, mantenesse la giovinezza e aiutasse a guarire i disturbi della pelle.
La Notte di Walpurga
Più articolata è l’interpretazione della Notte di Walpurga (Walpurgisnacht), la notte dal 30 aprile al 1 maggio. La notte è così chiamata perché è la vigilia della festa di Santa Walpurga, una badessa anglosassone dell'VIII secolo nata in Inghilterra e morta in Germania. Il 1° maggio 870 (circa) fu il giorno in cui le spoglie di Santa Walpurga furono traslate alla Chiesa della Santa Croce a Eichstätt.
Ma pare che la festa sia molto più antica: secondo alcune tradizioni teutoniche del IV-V secolo, le streghe in questa notte uscivano dai loro rifugi per danzare e cantare, in particolare, nella zona del monte Brocken (Harz), situato in Germania settentrionale, dove questi canti e balli erano dedicati alla luna e all'arrivo della primavera. Insomma una specie di Halloween primaverile, che fu trasformata dalla Chiesa cattolica in una festa, nella quale i cristiani invocavano l’intercessione di Santa Walpurga per proteggersi proprio contro la stregoneria e il sabba delle streghe.
In vaste parti dell’Europa settentrionale [Germania, Paesi Bassi, Repubblica ceca, Svezia (dove è nota come Valborg), Lituania, Lettonia, Estonia e Finlandia (dove è nota come Vappu ed è una festa molto importante)] le persone accendono falò, e fanno forti rumori per cercare di tenere lontane le streghe e i cattivi spiriti.
Altri metodi usati per scongiurare le forze del male in quella notte erano di appendere rametti benedetti nelle case o nei granai, o di lasciare offerte di pane con burro e miele (noto come "ankenschnitt").
L'albero di Maggio
In Inghilterra (nelle zone di influenza anglosassone o vichinga), ma anche in Austria, Ungheria, paesi scandinavi, ecc., il 1° maggio era dedicato al ballo attorno al Maypole (albero di Maggio) un albero o palo ornato di fiori attorno al quale i giovani di entrambi i sessi ballavano. Secondo alcune fonti, la cerimonia è stata ispirata dall'albero del mondo, il Yggdrasil, delle saghe nordiche, ma altri affermano che i Maypole siano simboli fallici di fertilità. Comunque, questa danza divenne particolarmente popolare nelle isole britanniche intorno al 1350-1400, e veniva ripetuta anche a Pentecoste o nella festa di mezza estate.
Immagini
• A sinistra in alto: Un'antica processione delle Rogazioni maggiori
• A destra in alto: Festeggiamenti per Beltane
• A sinistra in basso: Il pozzo sacro di Santa Brigida presso Buttevant, nella contea di Cork (Irlanda).
• Al centro in basso: La festa del Maypole
• A destra in basso: Francisco Goya: Il sabba delle streghe (Museo Galdiano, Madrid)


La prigione nel Torrione di Chinon


 

Al centro "il Cuore raggiante" nel Torrione di Chinon, luogo di prigionia templare. Al di là di tante cose che si possono dire, ricordo le parole quasi commosse di Charbonneau-Lassay nel descrivere la devota accuratezza con cui la pietra fu scavata e levigata fino a formare un dolce incavo nel muro della prigionia, contrastante con l'approssimazione e rudimentalità delle figure attorno.

Un pozzo impressionante


 

Il pozzo naturale più profondo e grande del pianeta si chiama Xiaozhai Tiankeng. Si trova a Fengjie, Comune di Chonqinun, nel cuore della Cina. Questo incredibile pozzo è completamente naturale e raggiunge una profondità di 662 metri, lunghezza di 626 metri e larghezza di 537 metri. Ma la cosa più sorprendente non sono solo le sue dimensioni o le sue pareti quasi verticali, ma l'esplosione di vita che ospita.

Xiaozhai Tiankeng è ciò che i geologi chiamano un pozzo o una dolina, una depressione del terreno generata, tra gli altri, dall'effetto dell'acqua. In questo caso, si è formato su una grotta e ospita un fiume sotterraneo che misura in totale 8,5 chilometri e sfocia in una spettacolare cascata. Le sue grandi dimensioni lo rendono il pozzo del suo genere, noto come tiankeng, più grande e profondo del mondo.
Oltre alle sue dimensioni, Xiaozhai Tiankeng impressiona per la biodiversità che ospita al suo interno. La sua base è così grande che ospita circa 1.300 specie di piante come il ginkgo e animali selvatici. Tra gli "inquilini" più affascinanti che passeggiano nella loro foresta sotterranea, spicca la pantera nebulosa (Neofelis nebulosa), un felino dal pelo inconfondibile che arriva a 1,1 metri e spesso riposa sugli alberi.
Questo tiankeng si trova in un'ampia area carsstica di 280 km2 formata da calcare. Gli esperti ritengono che il pozzo, profondo tra 511 e 662 metri, abbia preso forma negli ultimi 128.000 anni. Per buona parte della sua storia, fino a quando il tetto della grotta non crollo', era un'enorme cavità sotterranea. In Cina si trovano anche altri tiankeng di dimensioni notevoli, come Dashiwei. Stranamente, nonostante le sue dimensioni, Xiaozhai Tiankeng ha iniziato a studiare relativamente recentemente, anche se la popolazione locale lo conosce fin dall'antichità.

Donne uccello


 

Figure femminili di profilo di uccello rinvenute a Micene, Grecia, intorno al 1360 aC, nel tardo periodo miceneo III A. Modellate in argilla e con decorazione lineare di vernice marrone e rossa brillante e pastigliatura negli occhi. Sono alte tra i 9 e i 10 centimetri.



La prima rappresenta una donna seduta su un sedile a treppiede con un bambino in braccio, a cui mancano il braccio e la gamba sinistra e la gamba sinistra del sedile è stata incollata insieme
La seconda è una statuetta femminile di tipo psi, del 1280 a.C. circa con profilo di uccello, campanelli e treccia, modellata in argilla e con decorazione lineare con vernici brune e nere. Fu scoperta a Tirinto


L'ultima figura è una statuetta femminile di tipo fi, con profilo di uccello, aste, calze e stuoia, modellata in argilla e con decorazione lineare ondulata e parallela, con vernice nera lucida, del tardo periodo miceneo III e rinvenuta a Tirinto, in Grecia.
Queste figure sono esposte nella sala 170 del Museo del Louvre.

lunedì 29 aprile 2024

Il Dio asino

 [ Nei tempi del primo Cristianesimo l’asino è emblema di Cristo. ]



Un celebre graffito, ora conservato nel museo del Palatino, raffigura un crocifisso con la testa d’asino, fusione di Cristo e d’un reinterpretato Anubis. Anubis ha capo di sciacallo: così si pensava: ora pare che l’animale sia il lupo grigio del deserto; non ricorderò l’importanza di questo Dio nella religione egiziana, messaggero dell’aldilà e scorta dei defunti nell’altro regno. Il graffito, risalente alla metà del III secolo e proveniente dal Pedagogio, la scuola dei paggi, vede un uomo in adorazione; la scritta in greco, didascalia dell’immagine, è «Alessameno venera il suo Dio». La prima spiegazione era che l’autore del disegno fosse lo stesso Alessameno, seguace di una setta gnostica e dichiarante il suo credo; oggi si propende verso l’interpretazione che il disegno sia una crudele irrisione di altri verso Alessameno, che doveva essere cristiano. E tuttavia la mitezza dell’asino fa di quest’animale, dalle straordinarie intelligenza e bontà, un simbolo del Christus patiens, del Cristo che sopporta la sofferenza per redimerci: e Gesù in quanto Cristo entra in Gerusalemme la domenica delle Palme in groppa a un asino, che già presso gli ebrei personificava la mansuetudine, laddove il cavallo significa guerra. Ricordo che proprio l’intelligenza e la bontà dell’asino ne fanno oggi un terapeuta, giacché egli è capace di curare malattie psichiche, in particolare l’autismo. Il centro di onoterapia di Polverara, presso Padova, mi è familiare e carissimo: si porta l’ammalato, di solito un ragazzo, al centro del recinto, e dopo un breve intervallo uno dei tredici asini che colà abitano si stacca dal gruppo, si avvicina al ragazzo e incomincia a carezzarlo e baciarlo. È il terapeuta a scegliersi il paziente, non il paziente il terapeuta. L’asino trasfonde la sua immensa capacità di affetto sull’ammalato dandogli equilibrio, sicurezza, forza; io sono addirittura convinto che riesca ad attirare su di sé il malessere, privandone il soggetto – il più profondo motivo per il quale egli è emblema di Cristo. Insieme col pellicano, che si ferisce il petto per nutrire i suoi piccoli col proprio stesso sangue.
Paolo Isotta, da Il canto degli animali
ph Robert Bresson, Au hasard Balthazar 1966

domenica 28 aprile 2024

Sembrano mammelle, ma sono testicoli

Allora, diciamo che #Artemide no, non è una dea semplice. Nera, come la notte. E non a caso è uno dei volti di Ecate. Vergine, ma di quelle dispettose, che vogliono restare tali, e si infratta nei boschi perché non odia solo i maschi, odia l’umanità intera. Ombrosa, vendicativa, selvaggia, come le cerve e i lupi che ama e di cui si circonda. Sanguigna e feroce come i testicoli di toro di cui si adornava la sua statua, ad Efeso. Artemide, la dea dei contrasti, dell’istinto, contrapposta all’algida razionalità del gemello Apollo. Spiazzante come tutto cio che è oscuro, notturno, lontano, eppure così presente dentro di noi. #mitologiagreca #diana #storia #storiadellarte #storiantica #dei #deigreci #anticaroma #arte #arteantica

 

sabato 27 aprile 2024

Le mura poligonali del centro Italia

 Il poligonale dell’area megalitica sacra più antica sabina.



Antiche mura poligonali tra Fara e Poggio Mirteto, in località “Grotte di Torri”, presso il fiume Farfa (nel comune di Fara), è ben conservata ancora oggi una struttura in opera poligonale, Si tratta di un recinto di mura poligonali in III maniera che delimitano un’area grossomodo quadrata di circa 90 metri di lato!!.
Se ne conserva oggi l’intera fronte ovest, per una lunghezza di circa 50 metri, con filari regolari e tendenti all’orizzontalità. I blocchi sono tagliati accuratamente ed i giunti perfettamente combacianti (foto). Oggi queste mura sono inglobate in un casale ottocentesco, al di sotto del quale sono presenti delle grotte (non accessibili), che hanno dato origine al toponimo.
Questa struttura è stata interpretata in vari modi, sia come villa romana che addirittura come “cittadella”. Più probabilmente si tratta invece di un santuario. La tipologia ricalca quella di un’area sacra delimitata e chiusa da un grande muro di cinta (temenos), come talvolta si ritrova nei santuari italici.
La cella cultuale era collocata probabilmente all’interno del recinto sacro, sui cui resti venne edificata in seguito la chiesa altomedievale di S. Lorenzo (ancora visibile nel Settecento ed oggi scomparsa), che dovette soppiantare l’antico culto.
(Da verificare,)
Al di sotto del muraglione in opera poligonale corre un criptoportico con copertura a volta, rivestito da una muratura romana in opera incerta del I secolo a.C., in perfetto stato di conservazione. Questo criptoportico, sottostante al santuario, andrebbe messo in relazione ad un rituale religioso e forse ad un oracolo).
Nel territorio comunale di Poggio Mirteto, in località Poggio Mirteto scalo, si trova il Colle del Castellaccio. Il toponimo deriva da un castrum medievale, ancora oggi in parte conservato. Qui sono presenti due terrazzamenti degradanti, disposti lungo il declivio del colle. Il terrazzamento superiore è in opera reticolata di età augustea. Il terrazzamento inferiore invece è realizzato in opera poligonale di II e III maniera, con giunti approssimativi e l’inserimento di molte zeppe. Queste murature, databili alla seconda metà del II secolo a.C., sono state messe in relazione ad una villa romana, di cui se ne ignora in realtà la planimetria.
Anche qui sono presenti delle grotte. Questi due terrazzamenti hanno la fronte rivolta verso il Tevere e la loro estrema vicinanza al fiume lascia supporre che fossero connessi in qualche modo ad un porto fluviale. Non è escluso tuttavia che servissero per un altro santuario, anche in questo caso costituito da terrazze degradanti, come spesso si ritrova nei grandi santuari repubblicani .
«Consiste in uno spazio quadrato perfetto, di cui ciascun lato è di passi ordinari centoventi, rinchiuso da muri di travertini di varie grandezze, e di diverse figure, alcuni dei quali sono della grossezza di tre palmi, e più, e di lunghezza di sette, otto, e anche più. Essendo queste mura in buona parte rovinate, si veggono sparsi all’intorno in gran quantità i travertini caduti, ed ora appena sono rimaste all’altezza ove di una canna, e ove di una, e mezza. La porta, per cui si entrava in questo circuito, era nel mezzo del lato, che sta dalla parte di Scirocco, e se ne veggono chiaramente i vestigj. Sotto di questo piano – prosegue il monaco antiquario – tutto è voto, e vi si osservano grotte con volte bellissime, sebbene tutte non si possano vedere o perché sono riempiute di terra, o perché alcune sono state fatte rimurare dal signor Marchese Simonetti

Museo Troia/ Çanakkale/Turchia


 

Una tomba antica di 2.500 anni raffigurante il sacrificio della principessa Polissena sulla tomba di Achille dopo la fine della guerra di Troia.

venerdì 26 aprile 2024

A Cavallo di un pesce

 Il San Giorgio-Michele della tradizione islamica, assomiglia stranamente a San Todaro primo santo protettore di Venezia prima che si adottasse San Marco.......


Nell’islamismo esiste una figura misteriosa chiamata Khidr, guida di Mosè e di tutti coloro che perseguono una via esoterica di conoscenza...Nella Sura XVIII del Corano, El Khidr appare come l’istruttore metafisico di Mosè, come il suo Io Sono che lo invita a seguire la Via della giustizia, e soprattutto ad avere “pazienza”, e a non giudicare quelle volontà divine.....
Il 26 aprile è la festa di Khezr che significa "quello verde. Secondo la leggenda, è l'unico ad aver assaggiato il liquido della Fontana della Gioventù Immortale in Oriente. Stava vagando in un deserto ed è arrivato ad una sorgente prosciugata. Ci ha immerso un pesce essiccato e la sorgente ha ripreso vita. Khezr si rese conto di aver trovato la fonte della vita. Si tuffò e divenne immortale e il suo mantello divenne verde. ” È anche identificato come l'Uomo Verde, il Cavaliere Verde, Elijah e San Giorgio.
La sua festa viene celebrata il 23 aprile dalle chiese occidentali e il 6 maggio nel Vicino Oriente, in particolare in Turchia e Siria”
I santuari di Khidr in Palestina (Nablus, Gerusalemme, Damasco) sembrano essere situati chirurgicamente nei siti crociati, il che suggerirebbe una sostituzione del culto di S. Giorgio-Michele con quello di Khidr. Questi siti sono considerati tomba del profeta, o luoghi in cui apparve spiritualmente.

giovedì 25 aprile 2024

La Chiesa di Santa Maria delle Anime del Purgatorio ad Arco


O più semplicemente denominata chiesa del Purgatorio ad Arco, è una chiesa barocca di Napoli situata su via dei Tribunali, nel centro antico della città.



Il Purgatorio esiste. Lo abbiamo visto. E siamo scesi. Accedono ai vivi e ai morti. Si trova nel centro storico di Napoli.
La chiesa barocca di Santa Maria delle Anime in Purgatorio è la più fantastica ricreazione degli strati celesti. Si tratta di due chiese sovrapposte. Un prima, a livello stradale, ed una seconda, interrata, delle stesse dimensioni del precedente, situata esattamente al di sotto di essa. Il purgatorio, nel quale si scende, è stato costruito per venerare le anime dei defunti sepolti, che vegliano sui vivi dall'aldilà in cui aspettano e piangono, e assistono alle loro preghiere. Sotto il purgatorio, un livello ancora più profondo: un ossario.Una scala ripida e stretta scende dritta a sinistra della porta di accesso...Tombe ricoperte di terra su entrambi i lati..Nelle pareti scrostate, nicchie o nicchie, con ripiani, espongono ossa e teschi, accompagnati da ogni genere di offerte ed ex voto: candele, scritte, fotografie, rosari, statuette di vergini, uno spettacolo travolgente di oggetti avvizziti e polverosi. Alcune fotografie sono molto recenti. Nastri, fiori, rosari coronano o circondano qualche teschio..Ogni giorno i fedeli vengono per onorare e supplicare le anime del purgatorio, da cui si sale per trovare un grande teschio scolpito nel marmo che ci annuncia che non c'è scampo...


Templi, santuari, oracoli, chiese e guarigioni....


 

La Cattedrale di Chartres utilizza la risonanza di Schumann per la guarigione dal 1200, e lascia che ti ricordi che la risonanza di Schumann non fu scoperta fino alla fine del 1800.

Questo è il motivo principale per cui puoi sentire la presenza divina in questi antichi templi/chiese, sono sintonizzati su determinate frequenze che sono benefiche e curative per i nostri corpi.
Gli antichi costruttori erano maestri dell'energia, delle vibrazioni e delle frequenze!



Le due icone di Venezia: San Marco e San Todaro



San Marco e San Todaro sopra le due colonne, segni iconici del prima e della seconda Venezia
San Todaro primo santo protettore di Venezia
L'ultimo e perituro simbolo di Venezia: San Marco






Il Leone di San Marco, alias leone di Sandan, Dio dell' Anatolia protettore della città di Tarso che ogni anno, in Suo onore una grande pira su cui era stata collocata la statua del Dio veniva bruciata con solennità.
Sandan raffigurato con arco e frecce era il più importante del Pantheon anatolico insieme a Tarhun (o Teshub) il Dyaus Pitar locale. Esso infatti proteggeva da pestilenze e garantiva fertilità oltre a proteggere le tombe. È assimilabile in un certo qual modo al Reshef siriano o Nergal mesopotamico.
La stessa Divinità era poi Khaldi, Dio supremo di Urartu (predecessori degli Armeni, che vantano come Eroe eponimo appartenende alla cerchia di Khaldi proprio l'eroe nazionale d'Armenia Hayk) il cui tempio era adornato da svariate armi e freccie.
Sandan come anche Khaldi avendo caratteristiche sia erculee, sia dionisiache che talvolta marziali potrebbe essere Il Figlio, unigenito precedente allo sdoppiamento.
Le coincidenze (più o meno) fanno si che anche la celebrazione di San Marco cada con le Robigalia romane, sacre appunto a Robigus, Dio da propiziare affinché preservi il grano da funghi ed epidemie.

Il mistico del Palatino



Il 25 aprile 1859 - 2612 A.U.C.
Nasceva a Venezia Giacomo Boni.
Reistitutore e Pontefice della nostra Prisca religione pubblica, nonché saggista e archeologo.
Passò l'intera sua vita nello scavo del Palatino e i Fori di ROMA. Passò alla storia come il Mistico del Palatino e li fu sepolto lasciando cosí un segno per sempre

Per comprendere lo scempio fatto dai cristiani sulle pietre antiche di Roma



A Roma, già nel Cinquecento era stata eretta all’interno dell’Anfiteatro Flavio una cappella detta di Santa Maria della Pietà. Nel Settecento l’architetto Carlo Fontana - nato a Rancate il 22 aprile 1638 - tentò il gran tuffo nell'immortalità con un progetto che gli avrebbe offerto l’ambiziosa idea - già accarezzata da Gian Lorenzo Bernini - di unire sacro e profano, in un colloquio indissolubile tra il Colosseo e una chiesa speciale, ai bordi dell'arena e dedicata ai Martiri cristiani. Così propose un ambizioso progetto per collocare un tempio sacro all’interno dell’arena. Una chiesa a pianta centrale sarebbe sorta all’interno vicino alla cappella, visibile dal fondo dell’asse longitudinale dell’anfiteatro. Sarebbe stata preceduta da una serie di arcate che - oltre a raccordarsi alla curva dell’impianto originario, avrebbe “esteso” quello del tempio. La guerra di successione spagnola e le numerose difficoltà politico-economiche del periodo fecero sì che il progetto rimanesse su carta - ricostruito di recente in questo accurato modellino.

Chiesa dei Santi Apostoli (Verona)



L'attuale chiesa dei SS. Apostoli risale alla prima metà del XII sec. Di una chiesa preesistente già nell'VIII sec. dà notizia il "Ritmo Pipiniano" (fine VIII - inizio IX sec.): di essa, nel corso di restauri nel 1949, si è messa in luce l'abside sotto quella attuale. Materiali di spoglio di tale chiesa sono certamente le mensole che reggevano il protiro in facciata e il frontone sul muro laterale all'abside. Materiale di spoglio d’epoca romana è invece da considerarsi il basamento...... https://verona.com/it/verona/chiesa-dei-santi-apostoli/

Servi



"Ahi serva Italia, di dolore ostello, nave senza nocchiere in gran tempesta, non donna di province, ma bordello..."
Dante Alighieri ("La Divina Commedia", Purgatorio, canto VI)

Il cristianesimo che ha avvelenato Eros, il dio bambino simbolo dell'immortalità



La predica della castità è un pubblico incitamento alla contronatura. Ogni disprezzo della vita sessuale, ogni insozzamento della medesima mediante il concetto di «impuro» è il vero e proprio peccato contro lo spirito santo della vita.
(Nietzsche)

I mille volti degli Umbri



Gli Umbri furono chiamati in molti modi: Armeni dagli Ebrei, Arcadi dai latini, imbri, ombri o ombrous dai Greci in quanto si credeva fossero sopravvissuti al diluvio. Ma anche Gianenzi o Gianigeni perché considerati figli di re Giano, figlio di Jafeth, nipote di Noe, da cui I toponimi Giano dell'Umbria, Tor-Giano, e forse Avigliano (Ave Giano) ecc...
Giano padre, re e dio degli Umbri: il suo culto è antichissimo e risale ad un'epoca arcaica in cui i riti dei popoli italici erano ancora legati ai cicli naturali della raccolta e della semina. Adorato nel suo tempio di Trevi insieme al suo alter ego femminile, la Dea lunare Diana:⚡ "Signora del cielo, della e degli Inferi...che aveva il barbarico culto nella Tauride (Crimea), selvaggio fra i druidi.." (tratto da:Tiberio Natalucci, Studi sulla storia di Trevi)

mercoledì 24 aprile 2024

Castel del Monte prima del restauro e dopo la rapina


Così si presentavano gli ambienti interni prima del restauro, spogliati dai rivestimenti costituiti da lastre in marmo pregiato preesistente.
I pavimenti risultavano invece divelti ed asportati per tutto il loro spessore sino alle volte sottostanti.

La giusta conclusione della sfida di San Giorgio e il drago


 

Il maiale in fondo è anche il recondito simbolo di Roma

 L'immagine sotto: Bassorilievo della Scrofa Mediolanuta, apposto sul piedritto della seconda arcata del Broletto, rinvenuto nel 1233 durante gli scavi preparatori per l’edificazione del palazzotto.



La Scrofa mediolanuta, il simbolo più antico di Milano.
Narra la leggenda che: quando Belloveso, principe dei Biturgi, con al seguito decine di migliaia di celti, appartenenti a diverse tribù, scavallate le Alpi, sconfitti gli Etruschi, si trovò nella terra degli Insubri, ebbe il desiderio di fondare una città. Quella che per noi è la nostra Milano.
Ma dove fondarla e come chiamarla?
Per la scelta del luogo fu saggio interpellare gli dèi, e a tale necessità vennero eletti sette savi per consultare l’oracolo. La risposta al consulto fu che una scrofa, ricoperta per metà di lana e per metà di pelo, segni il principio e il nome della città. E così avvenne. Fu trovata la scrofa mediolanuta, a brucare nei pressi di un biancospino, e fu fondata la città, che prese il nome di Mediolanum, a ricordo della scrofa stessa e del fatto che fosse per metà coperta di lana (medio lanae - Mediolanum).
La scrofa mediolanuta o semilanuta, che dir si voglia, per secoli divenne così il simbolo della città, almeno fin tanto che non venne spodestata da altra bestia, quale fu il biscione visconteo. Nonostante ciò, rimase comunque nell’animo della città, ma non dei milanesi di oggi, tanto che fa bella mostra di sé in giro per il centro cittadino, sul gonfalone ufficiale del Comune e sugli attestati di benemerenza allegati agli Ambrogini d’oro.
Strano è però che nessuno sappia con precisione quali siano mai le origini di questa leggenda tutta milanese, che più e più volte è stata rimaneggiata.
Celtiche? Romane?
La scrofa o, meglio, il cinghiale, era un animale sacro per i celti, tanto da essere legato al pantheon dei loro dei. Rappresentava la forza e l’astuzia ed era il simbolo preferito col quale si ornavano vessilli e armi. Fu per i celti, quello che era l’aquila per i romani, o forsanche nella sua accezione sacrale, la lupa capitolina.
Più plausibile pensare invece che la sua origine sia romana, ma ciò per il semplice fatto che le prime testimonianze documentali risalgono alla fine del IV secolo d.C, in piena Mediolanum, capitale dell’Impero Romano d’Occidente. Tra i primi a parlarne fu Claudio Claudiano che in occasione delle nozze dell’imperatore Onorio, che si tennero a Milano nel 398 dC, compose un poemetto in cui narrò che: Venere, abbandonata Cipro, giunse in volo “nella città dei Galli, che ostentano (a mo’ di stemma) una pelle di scrofa lanuta”.
Sidonio Apollinare: que lanigero de sue nomen habent
E ancora Isidoro di Siviglia che ci dice che: (...) Milano ricevette questo nome perché venne rinvenuta una scrofa.
Sta di fatto che Milano, o Mediolanum, nella sua veste di capitale imperiale, aveva bisogno di sacralità e pur con le debite distanze, di mostrarsi al mondo e a Roma, come seconda solo a lei e a lei legata. Per questo fu necessario affiancare alla narrazione liviana di Belloveso, principe fondatore e primo milanese, un animale che ne completasse e ne arricchisse il mito fondativo e che appartenesse a quelle terre e ai suoi primi abitanti.
A conforto di questa narrazione, vi è lo stretto parallelismo tra la scrofa milanese e la femmina di maiale di Virgilio, quella cantata nella sua Eneide.
Enea fuggito da Troia e dopo faticoso viaggio, arrivò sulle coste laziali e qui si fermò per avere trovato una femmina di maiale bianca, con trenta piccoli alle sue bianche poppe. Non solo ebbe termine il lungo peregrinare di Enea, ma ivi fondò la città di Lavinio, dalla quale trenta anni dopo il figlio Ascanio partì per fondare Alba Longa, la città dal quale Romolo e Remo partirono per fondare Roma.
Insomma, alla fin fine anche per Milano i conti tornano. Gli fu creato un mito, meglio due, che in dono gli portarono un principe, Roma ne ebbe due, e un animale che seppur non lupa, era pur sempre della famiglia di colei che fu alla nascita della grandezza millenaria dell’Urbe.
Attendo i vostri commenti e condivisioni. Saranno preziosi per far crescere la visibilità di questa narrazione, Di più, per me, sarebbe un vostro segno di ringraziamento di quanto pubblicato, se invitaste i vostri amici a seguire questa pagina. Grazie di cuore.


La scrofa bianca di Enea, narrata da Virgilio nella sua Eneide