mercoledì 19 marzo 2014

Ammiano Marcellino "Che storie!" un greco che scrisse in latino


Ammiano Marcellino nacque ad Antiochia in Siria intorno al 330 da una benestante famiglia pagana di lingua e di cultura greca. Intraprese la carriera militare sotto l'imperatore Costanzo e partecipò come ufficiale agli ordini del magister equitum (comandante della cavalleria) Ursicino, alle campagne in Germania, nelle Gallie e in Oriente. Nel 359 si salvò a fatica quando la città di Amida fu conquistata dai parti, contro i quali combatté nel 363 al seguito dell'imperatore Giuliano. Fallita la spedizione, si ritirò a vita privata nella città natale. Dopo i viaggi in Egitto, dove studiò i geroglifici, e in Grecia, nel 378 si stabilì definitivamente a Roma, dove approfondì la conoscenza della lingua latina, che aveva imparato nell'esercito. Nell'ultimo quindicennio della vita si dedicò alla stesura della sua opera storica. Morì probabilmente a Roma nel 400 circa.
Rerum gestarum libri XXXI
La sua opera storica in 31 libri, Rerum gestarum libriproseguiva le Storie di Tacito e narrava gli avvenimenti dell'impero romano da Nerva (96) alla morte di Valente (378). I primi 13 libri sono andati perduti; i 18 pervenutici trattano il periodo 353-378: l'uccisione di Gallo e la persecuzione dei suoi seguaci, le azioni militari di Ursicino in Oriente e il suo richiamo, i principati di Giuliano e le sue campagne di Gallia, di Gioviano, di Valentiniano I e di Valente, fino alla sua morte nella battaglia di Adrianopoli contro i Goti. Il fatto che nei primi 13 libri siano esposte le vicende di più di 250 anni e nei rimanenti 18 gli avvenimenti di solo 25 anni, indica chiaramente che Ammiano Marcellino volle narrare approfonditamente soprattutto i fatticontemporanei, dei quali era stato testimone se non partecipe.
Lo storico
Ammiano Marcellino è l'ultimo grande storico della letteratura latina, l'unico che si possa in qualche modo associare ai grandi narratori romani. Egli si riallaccia a Tacito, non solo cronologicamente, ma ancheper metodologia. "La storia ­ dice ­ è solita correre sulle alte vette degli avvenimenti e non a indagare le minuzie delle umili cose": su questa premessa egli tratta sia le vicende politiche e la vita interna dello stato sia gli intrighi di corte sia le guerre esterne. Lo legano al grande predecessore, inoltre, la narrazione di tipo annalistico, l'introduzione di discorsi, le riflessioni filosofico-morali, il senso fatalistico della storia e il cupo pessimismo sull'età contemporanea, che riserva solo amarezze e delusioni. Come lo storico greco Polibio, Ammianoinserisce nella narrazione acuti profili di popoli, descrizioni geografiche, tecniche e scientifiche; molto efficaci sono le descrizioni delle battaglie e della vita militare. Lo storico mostra libertà e imparzialità di giudizio: "Non ho mai osato corrompere sia col silenzio sia con la falsificazione la mia opera che fa professione di verità". Egli è infatti un interprete obiettivo del suo tempo, lontano da ogni eccesso e da ogni intolleranza.Acceso assertore della grandezza di Roma, "che sarà vittoriosa finché avrà uomini", ne denunzia senza remore la decadenza; è ammiratore, da fedele soldato, dell'imperatore Giuliano, cui dedica i libri dal 21 al 25, ma ne rileva puntualmente i difetti, disapprova il suo editto con cui si allontanavano dall'insegnamento i retori e grammatici cristiani e stigmatizza la sua avversione nei confronti del cristianesimo. La tolleranza religiosa è per Ammiano Marcellino indice di umanità, come per gli intellettuali antichi.
Lo stile
La lingua presenta irregolarità sintattiche e grecismi lessicali, che indicano la doppia cultura dell'autore, cosicché talvolta sembra che lo storico pensi in greco e traduca in latino. La sua narrazione è però efficace e viva, anche se risente di un insegnamento scolastico; non si deve dimenticare che Ammiano Marcellino era un militare e non un uomo di cultura.

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