L’esperimento che prova l’esistenza dei meridiani di agopuntura
L’esistenza dei meridiani di agopuntura, stante la loro non esperibilità “anatomica” diretta, ha costituito il primo e principale scoglio per l’accettazione dell’agopuntura da parte della Medicina “scientifica” occidentale; un discorso analogo è dovuto alla terminologia e alla nomenclatura medica cinese che fa ricorso a descrizioni di energie non propriamente fisiche, quanto non riconducibili al tipo di energie postulate ed ammesse dalle scienze naturali occidentali.

La prima evidenza sperimentale, peraltro schiacciante e sorprendente nei suoi risultati, fu quella ottenuta sul finire degli anni ’80 in Francia da Darras e de Vernejoul, e colleghi.
Già un decennio prima, due biofisici, R. Becker e M. Reichmanis, mostrarono l’effettiva presenza di correnti elettriche nei percorsi dei meridiani.
De Vernejoul e Darras condussero una serie di esperimenti su 80 pazienti e 50 volontari sani presso il reparto di urologia dell’ospedale Necker di Parigi. Veniva iniettato un radioisotopo del Tecnezio, il Tc99, nel punto KI7 Fu Liu, e in una zona random fuori meridiano e priva di significanza agopunturale. In questi punti (al rilevamento condotto in camera a raggi gamma) fu tracciato che il Tecnezio 99 si diffondeva a raggiera in modo casuale. Il Tecnezio 99 iniettato in KI7 si diffondeva invece in modo grosso modo rettilineo lungo il percorso del meridiano di Rene percorrendo circa 30 cm in circa 5 minuti.

Si impone qui però una riflessione epistemologica più generale. Di per sé infatti questi flussi di elettroliti (probabilmente solidali col flusso dei liquidi interstiziali) non vanno confusi tout court con i meridiani né con il Qi ad essi associato: questa confusione sarebbe come quella di chi prendesse “il dito per la luna”. Il flusso di elettroliti (forse anche della frazione di acqua della matrice) risponde forse ad un ipotetica differenza di potenziale elettrochimico ma questa di per sé non è sufficiente a spiegare il percorso rettilineo o rettiforme di questi flussi. Dobbiamo ancora una volte ritornare sul concetto di energie sottili e di Forze plasmatricidel piano eterico, che orientano da un livello superiore, iperfisico, ma immediatamente contiguo al piano fisico, le forze più grossolane o “dense”. Le stesse forze orientano ad esempio gli ioni nel cosiddetto effetto corona, in atto nei fenomeni Kirlian. Fenomeno assolutamente descrivibile e noto alla fisica anche sugli oggetti inanimati (nessuno ha mai negato che un sasso abbia un campo eterico), ma in grado di dare disposizioni particolari soltanto in presenza di forme viventi (o di significative variazioni in ragione dello stato emozionale e vitale dei soggetti).
Solo postulando questo piano di forze, che non coincide con nessuna delle energie della fisica (meccanica, termica, elettromagnetica o elettrochimica), ma di cui le energie note alla fisica sono la manifestazione sul piano più denso, si possono spiegare appieno determinati fenomeni altrimenti inesplicabili (come ad esempio il biochimico Sheldrake ha indicato in relazione non solo a fenomeni complessi come l’etologia animale ma anche in relazione alla cristallografia e alla chimica inorganica). Ogni altro tentativo “riduzionista” è destinato non solo a fallire -perché poggiato su assunti falsi- ma anche a coprirsi a volte di una certa dose di ridicolo.
Il termine “Qi” è un modo tipico cinese per indicare forze di questo ordine iperfisico. Questa ultima riflessione è volta, fra l’altro, a giustificare appieno l’utilizzo di questo termine della nomenclatura cinese, assolutamente indispensabile per descrivere il campo d’azione dell’agopuntura. Tentativi riduzionistici di spiegazione dell’agopuntura (es. modelli neurologici come la teoria dei cancelli) ne spiegano solo degli aspetti parziali come l’effetto anestetico, ma non la totalità degli effetti terapeutici multi livello, compresi gli effetti psichici. Ugualmente il concetto di Qi racchiude una serie di sensi e di significati (oltre a una sua specifica realtà ontologica ignota alla scienza occidentale) irriducibile a concetti fisicalisti. Il che evidenzia che l’accettazione della Medicina Cinese in senso integrale suppone un differente paradigma scientifico ed epistemologico che include anche un’ontologia del tutto divergente da quella della scienza occidentale e che in Occidente verrebbe ascritta alla “metafisica”.
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