Verona è
ricca di testimonianze legate all’epopea cavalleresca, al cavallo come all'asino che troviamo rappresentato in molti monumenti. Prenderemo in esame un controverso lavoro pittorico partendo da un luogo carico di storia: una chiesetta, nel centro urbano di
Verona: San Giorgetto, davanti all’hotel Due Torri, a lato del sagrato della
chiesa di Sant’Anastasia. La piccola chiesa era il tempio dei cavalieri Teutonici
ordine cavalleresco militare che aveva la caserma operativa proprio dove oggi è
i più vecchio e prestigioso hotel di Verona “Hotel Due Torri”, questi fedeli
combattenti furono chiamati dai della Scala per difendere la stessa casata da
rivolte interne.
Ritornando a
San Giorgetto, la chiesetta è arricchita da un bellissimo affresco opera di
Giovanni Maria Falconetto, commissionato nel 1514 circa, fu una delle prime
opere ispiratrici del nostro artista, Luigi Scapini, coinvolto ed affascinato
dal possibile messaggio segreto. Storia
e mito si compensano e si integrano, uno sfuma nell’altro rinforzandosi. Il
prezioso dipinto probabilmente era legato all’iniziazione cavalleresca, anche
se il titolo è lontano da questa interpretazione: “l’annunciazione”, quella
donna che passa per Maria, è posta al centro dell’insieme, stranamente dentro un
luogo circondato da mura e ha vicino un unicorno, che rappresenta, non a caso, la purezza, la protezione e la
stessa cavalleria medievale, inoltre attorno vediamo tutta una
serie di animali simbolici sia dentro che fuori dalla fortificazione, ma quello
che colpisce è il cavaliere che inginocchiato prega coperto dell’armatura verso
la Dea misticamente assorbito, per l’ufficialità quell’essere femminile è la
divinità cristiana, ma potrebbe essere anche la Sofia, comunque una stranissima
rappresentazione di Maria, sicuramente una donna-divina pura a cui ci si affida
per realizzare alti ideali, un essere da invocare affinché aiuti, protegga e
rinforzi la prodezza, l'onore, la fedeltà, la lealtà
ed il principio che la vera nobiltà trascende.
Vicinissimo alla chiesetta con l’affresco del
Falconetto troviamo ancora il santo
protettore della cavalleria, dentro la grande chiesa di Santa Anastasia: il
famoso affresco del Pisanello: “San Giorgio e il drago” conosciuto anche come:
la regina di Trebisonda.
Sottolineo che Silvia Ronchey nel suo
appassionante saggio: L’enigma di Piero ci introduce alle vicende
misteriose, che legano questo dipinto alla sapienza neoplatonica attraverso il filosofo
Giorgio Gemisto Pletone, che approda in Italia nel 1438,
come consigliere dell'imperatore bizantino Giovanni VIII partecipando al
Concilio di Ferrara e Firenze finanziato da Cosimo de Medici, sarà l’inizio del
Rinascimento.
Santa
Anastasia era anche l’arrivo, la meta del Palio “nuovo” che si correva a
Verona, iniziando dal 1450, le partenze erano diverse a seconda dei concorrenti,
dato che oltre al palio dei cavalli esisteva anche il palio delle donne (o
prostitute), degli uomini, dei mussi. Per i cavalli si partiva da Santa Lucia
Extra, si passava per porta San Sisto, chiamata Porta Stupa, dato che i
fondamenti dell’edificio poggiando su terreno limoso ebbe a cedere, così i
veneziani decisero di ricostruirla, 1550-1551 solidamente per opera
dell’Architetto M. Sammicheli chiamata Porta Palio.
Preciso che
prima del 1450, il Palio aveva un altro percorso: partiva dai sobborghi di
Tomba e l’arrivo era a San Fermo Maggiore, Passando per porta Santa Croce.
A Verona la preparazione del Palio era costituita da un preliminare: “El Bogon” si sviluppava un giorno prima dei palii, consisteva in un moto circolare, un tracciato spiraliforme, assimilabile ad una danza labirintica o girotondo processionale iniziato in Piazza Erbe, anche il “Venerdì Gnocolar” partiva con” El Bogon” che però cominciava da Piazza dei Signori. Tutti i partecipanti si muovevano espandendosi in maniere centrifuga. Il Bogon ricorda le numerosissime ammoniti fossili impresse nelle pietre che ricoprono la città, la chiocciola legata alla è strettamente legata alla sezione aurea alla successione dei numeri del Fibonacci o allo stesso cerchio magico che il mago disegna nel terreno per difendersi e schermarsi, atto vicino alla fondazione delle città, Urbe vicino Orbe sfera e nella fondazione di Roma sappiamo che con l’aratro qualche scrittore antico ci parla non solo della prima Roma quadrata, ma anche una fondazione con una aratura circolare, il sistema solare segue un movimento spiraliforme come le galassie Ricordo che il testo da me prodotto: DEE E CAVALLI nei riti misterici del calendario, di Emanuela Chiavarelli Pellini Luigi 2019, partendo dall'aspetto religioso degli albori, dove il cavallo ne diventa l’essenza, l’animale totemico, portatore di forza e di bellezza prorompente, essere infero e divino, un animale totemico che anticipa il toro, legato dai miti celesti. Le Iadi, l’ammasso stellare che ora rappresenta la testa della costellazione del toro precedentemente era sulla fronte del cavallo cosmico, secondo i testi vedici riportati da Tilak,
Sempre i testi antichi ci
parlano delle ierogamie equine, dobbiamo risale alle testimonianze di uno
scrittore religioso chiamato Girardo Cambrensis del Galles 1175-1203, che assistette
disgustato all’unione rituale del futuro re d’Irlanda con una cavalla bianca,
che poi venne uccisa e cotta in un calderone, in quel brodo il re si monderà e
poi si ciberà della stessa carne dell’animale sacrificato.
Ricordo Lo Aśvamedha
Induista: rito
sacrificale di origini antichissime che
appartiene alla cultura indoeuropea, che conserva dei paralleli in Iran, a Roma
e in Irlanda. Anche esso legato alla fondazione di una
dinastia regale. In questo caso il cavallo sacrificato, dopo una processione,
viene smembrato e il pene viene postato alla vagina della della futura regina
affinché possa concepire nel suo ventre l’erede al trono. Trovo delle forti
similitudini con le fiabe russo-siberiane dove il re si bagna nel latte della
cavalla regale, retaggi di saghe Sciamanico Buriate-Yakuti
Quelle che noi conosciamo nei miti come amazzoni
sono donne guerriere realmente esistite, certo avevano un rapporto speciale
con i loro cavalli erano un tutto uno
con il loro destriero, potevano stare in sella per giorni senza scendere, non
avendo i testicoli potevano cavalcare libere a differenza degli uomini, senza il pericolo
di non poter procreare, una particolare forma di matriarcato, venivano dalle
steppe, legate alla religione sciamanica abituate al saccheggio, le cronache ci
informano che riuscirono a depredare il ricco tempio di Artemide ad Efeso,
colpivano e fuggivano con rapidità erano imprendibili perché velocissime,
costantemente a cavallo, legate ai sciiti, la loro natura era selvaggia ed
indomita, feroci anche più degli uomini. Furono trovate delle tombe di queste
guerriere che testimoniano la venerazione verso una pietra nera lucente.
Le pietre sono intimamente legate all'aspetto religioso, ed il cavallo è rappresentato da sempre dall'uomo, dipinto nelle grotte o fissato nelle pietre legate intimamente all’architettura e all’edificazione. La
pietra, testimonierà gli albori dell’avventura entrerà non solo in uso nelle costruzioni, ma come, talismano, reliquia, roccia
apotropaica vicina al divino, pietra di fondazione, superando la pietra d’inciampo
o di volta, avremo betili di tutte le dimensioni sia conici che cilindrici, il
Piloton di Montorio fu oggetto di culto primigeno e poi riconvertito dal
cristianesimo. Potremo annoverare il Benben intimamente pietra “radiante” anche essa conica
legata alla tradizione egizia, similare all’Omphalos di Delfi, la pietra nera di Emesa che Eliogabalo la
portò a Roma, ricordando il santuario di Baalat Gebal dove si
venerava una divinità femminile, sotto forma di pietra a cippo conico effigiato
anche sulle monete dell’Imperatore Carino III sec.d.C. . La pietra sacra nella
grotta del monte Argeo in Cesarea (Cappadocia). Nell'età
pagana preislamica, nascerà la litolatria in Arabia, legato alla pietra nera,
oggi venerata a la Mecca, legata indissolubilmente alla Pietra Nera di Cibele,
che fu portata da Pessinunte a Roma nel 204 a.C., per alcuni autori, era
gemella di quella tutt’ora venerata dall’Islam, ricordando che Rea-Cibele era sposa di crono che è
rappresentato come stallone…….
Divinità
femminili legate al culto del cavallo:
Cibele Cubaba dee connesse al cavallo, come le dee legate agli animali: come la misteriosa dea
dei paleoveneti Reitia, Potnia Theròn: rettaggio della Grande
Madre Mediterranea
Quello di Reitia è un culto unico nel suo genere. Sviluppatosi tra il 7000
e il 3500 a.C., ha fatto parte esclusivamente della zona abitata dal popolo
dei paleoveneti, probabilmente anche per
il legame esoterico attribuito all’alfabeto venetico, utilizzato, in un primo
tempo alla sola composizione di orazioni dedicate alla stessa Dea.
Nelle statuette e raffigurazioni votive a lei dedicate, Reitia veniva
spesso raffigurata con la testa di cavallo oppure con arti di uccello (simbolo
del suo legame con i due elementi terra e cielo), oppure circondata da animali,
il volto celato da un velo e la cosiddetta chiave di Reitia tra le mani.
Inoltre per i Veneti c’era la prescrizione di sacrificare cavalli rigorosamente
bianchi,
I migliori cavalieri dell'antichità furono proprio i Veneti antichi.
Per loro il cavallo era una presenza sacra: come simbolo questo
animale
accompagnava il defunto dell'Aldilà, tirando il carro della morte (stele
di Camin), come nei dromos delle tombe etrusche dove si sacrificava un cavallo
nero a guardiano delle camere funerarie sotterranee. Inoltre nelle tombe e nei
santuari dei paleoveneti furono ritrovate molte statuette bronzee che
rappresentavano cavalli.
Addirittura, in certe sepolture il cavallo accompagna il suo
cavaliere-gueriero, come sarà in uso presso le popolazioni longobarde.
Il cavallo rappresenta e rimane l'animale sacro (come simbolo, ma non come
feticcio). Ricordo una pubblicazione curata nel 2003 dalla Soprintendenza per i
Beni Archeologici del Veneto, con l’accattivante e significativo titolo: “I
Veneti dai bei cavalli bianchi”. I paleoveneti furono dei grandi allevatori
ed esportatori di cavalli sopra tutto verso la Grecia, animali selezionati ed
usati nelle gare legate alle feste nei vari santuari ellenici, Sappiamo che nel 440 a.C. Leonte di Sparta vinse la
85ma Olimpiade proprio con dei
cavalli veneti
.
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