"Questo libro analizza il pensiero di Vladimir Jabotinsky, nato a Odessa nel 1880, morto a New York nel 1940, giornalista, scrittore, ideatore del sionismo di destra, leader della organizzazione militare ebraica clandestina Irgun. Basandosi sulle opere di Jabotinsky, gli articoli, le novelle e i romanzi e gli interventi ai congressi sionisti, Pinto ricostruisce la parabola di questo ebreo russo assimilato, cosmopolita e plurilingue per nascita ma estraneo alla cultura ebraica e anzi italiano di adozione che, dall’adesione iniziale al sionismo moderato, approdò successivamente al nazionalismo integrale di matrice razzista. Negli anni ’30 Jabotinsky propose infatti la liquidazione della diaspora ebraica e il suo trasferimento in Palestina, in quanto sosteneva che se una comunità non si isola a sufficienza e non possiede la costanza necessaria, decade progressivamente e si dissolve nell’ambiente straniero, generalmente attraverso un matrimonio misto. L’a. ricostruisce in modo esaustivo e convincente la complessa personalità di questo personaggio che scriveva su Tolstoj, Garibaldi, sul darwinismo sociale e sul ruolo dell’intellettuale, mescolando abilmente cinismo e idealismo, atmosfere decadenti ed esaltazione dell’eroismo mascolino, difesa della democrazia e pregiudizi antisemiti. La trama biografica si intreccia con la più generale storia collettiva del sionismo e del rapporto verso di esso delle potenze occidentali, in primo luogo dell’Italia fascista, il cui esperimento nazionalista integrale attrasse molti ebrei della diaspora orientale. Più che della vita come annunciato nel titolo, questo libro si occupa quindi della politica e dell’ideologia di Vladimir Jabotinsky. A parte alcuni accenni iniziali al contesto familiare, veniamo informati soltanto del fatto che Jabotinsky si sposò e andò a trovare la madre in Palestina. Per il resto nulla sappiamo del milieu culturale in cui si mosse, delle reti sociali e affettive che influenzarono il suo pensiero e la sua attività politica. Si tratta di un modo di scrivere biografie molto diffuso in Italia, basato sull’idea che le esperienze di vita e le opere dei personaggi viaggino su binari separati. Il difetto che rileviamo è anche dovuto alla non conoscenza da parte dell’a. della lingua russa, circostanza che preclude a Pinto l’accesso a gran parte della corrispondenza tra Jabotinsky e i suoi familiari e gli stretti collaboratori. Ciò lo ha costretto a espungere dalla «vita» di Jabotinsky capitoli importanti come quelli riguardanti i viaggi in Lettonia, nella quale i suoi infuocati discorsi gli attrassero le simpatie della comunità ebraica di lingua russa. Manca totalmente, infine, il riferimento alla Polonia, nella quale il leader sionista soggiornò spesso e in cui strinse accordi con il ministro degli Esteri Beck, fautore del piano di emigrazione dalla Polonia di circa un milione di ebrei. La Polonia era infatti la base principale di sostegno logistico, militare e, in parte, finanziario, al piano di «evacuazione degli ebrei polacchi» che Jabotinsky lanciò nel 1936"
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