venerdì 12 luglio 2024

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Non tutte le rovine dell’antichitΓ  possono essere ammirate a cielo aperto, completamente libere dai sedimenti del tempo tanto da essere spesso ancora in uso. Molte sono sepolte e dimenticate e forse attenderanno invano di essere riportate alla luce. E poi ci sono i casi che stanno di mezzo, quelle rovine imprigionate nel tempo, restituite a metΓ  o solo in parte dal lavorio dei secoli, sovrastate da costruzioni posteriori e incastonate tra le abitazioni piΓΉ moderne come astronavi precipitate dal passato.


È il caso dello spettacolare teatro greco-romano di Catania, per secoli nascosto da costruzioni meno nobili. Fino all’episodio decisivo, la classica goccia che fa traboccare il vaso e il tipico esempio di come, quando si vuole esagerare, si finisce per perdere tutto. SΓ¬, perchΓ© il teatro di Catania da secoli era stato sormontato da abitazioni piΓΉ o meno modeste, anche se tutti sapevano che giaceva lΓ  sotto, tanto che la curva del quartiere riproduceva perfettamente quella delle gradinate.
A fine Ottocento, il barone Sigona di Villermosa vuole perΓ² strafare e la fa fuori dal vaso, per cosΓ¬ dire. Per ampliare casa, fa abbattere l’ultimo fornice; sΓ¬ che l’Italia Γ¨ la terra di abusi edilizi e condoni, ma quella volta Γ¨ troppo: all’epoca non c’Γ¨ la sensibilitΓ  attuale, ma la Soprintendenza alle AntichitΓ  per la Sicilia Orientale interviene e inizia a espropriare le case costruite sul teatro.
Una liberazione che, tra alti e bassi, continua fino agli anni Ottanta. Oggi il teatro Γ¨ riapparso nel suo antico splendore, ma si Γ¨ scelto di lasciarlo parzialmente imprigionato per meglio rendere il percorso storico della struttura.
Ma quando nasce il teatro di Catania?
Bisogna tornare ai tempi della Magna Grecia, quando i calcidesi – fondatori di Naxos – arrivano in Sicilia e fondano KατάvΞ·, Katane. Notizie di un discorso tenuto da Alcibiade nel 415 a.c. al suo interno, fanno dedurre che all’epoca esistesse giΓ . Oggi si ha la certezza quasi assoluta che l’antica struttura greca sia quella che ha fatto da base per il teatro romano.
La Katane greca vive per secoli alterne fortune, fino a quando viene soggiogata da Roma da Manio Valerio Massimo Messalla nel 263 a.C.; se fino ad allora i greci non avevano fatto altro che cacciare gli abitanti e ripopolare la cittΓ  coi coloni della cittΓ  di volta in volta vittoriosa nelle loro infinite scaramucce, i romani – che sono piΓΉ pratici – fanno prosperare Catania.
La cittΓ  si riempie come al solito di bellezza: templi, fori, abbondanza di terme grazie alla grande disponibilitΓ  di acque, l’acquedotto e un sontuoso anfiteatro che oggi – bizzarramente – Γ¨ a sua volta imprigionato dalle costruzioni successive, per le quali Γ¨ stato usato come cava. La parte che possiamo ammirare Γ¨ in questo caso assai ridotta, come da foto.
Il teatro romano, dovuto probabilmente a Adriano, sfrutta l’antica struttura greca, abbellita da una sontuosa scena ricca di marmi. L’edificio puΓ² ospitare almeno 7mila persone ed Γ¨ affiancato da un Odeon, un altro teatro piΓΉ piccolo usato per spettacoli e per le prove degli eventi del teatro vero e proprio. Lo stesso Odeon Γ¨ ancora oggi bello vispo e visitabile.
Catania Γ¨ vittima precoce della cristanizzazione: niente piΓΉ giochi e spettacoli che si sa, divertirsi Γ¨ peccato e il dio misericordioso e permaloso Γ¨ facile all’offesa. A calare il carico da undici ci pensano Ostrogoti, Bizantini, Musulmani, Normanni, Svevi, Angioini, Regno d’Aragona, Spagnoli, Sabaudi, Austriaci e Borboni. Poi arriva l’Italia, col brigantaggio e la mafia. Insomma, solo non si vedono i due liocorni a spartirsi la Sicilia.
Eppure, Catania, come il resto dell’isola, rimane un esempio di bellezza che si arricchisce da quel crogiolo di popoli che vi transita. E le rovine romane, dopo duemila anni, fanno ancora la loro bella figura.
[Arte e Storia]

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